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Un tango al Vaticano

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Salendo le scale sono rapidamente superata da alcuni studenti che si sono attardati per la lezione. Uno di loro, anche se in ritardo, mi tiene la porta aperta, da gentiluomo. Una volta entrata, sono accolta da un’atmosfera familiare, nonostante questa possa annoverarsi come la scuola di tango più rinomata di Milano, se non d’Italia.
 
Da dietro la segreteria, Daiana parla animatamente in spagnolo, con quella cadenza tipica che i porteños ereditarono dagli europei, mentre tiene tra le braccia una delle sue gemelle. Dato che sono leggermente in anticipo, mi fa accomodare sul divanetto in sala d’attesa e mi assicura che in pochi minuti possiamo cominciare l’intervista. Se sono qui è perché voglio intervistare lei e suo marito, Miguel Angel.
 
Ho il tempo per guardarmi intorno. Appeso alla parete c’è il ritratto di un argentino, anche se lui non è certo diventato famoso per il tango: è Jorge Mario Bergoglio. Tutte le altre fotografie, così datate che sono per lo più in bianco e nero, sono dedicate a una rivisitazione storica di questa danza; si vedono uomini e donne ricercati abbracciarsi, mentre si divertono in una milonga di un lussuoso caffè a Buenos Aires. Fanno venire voglia di tornare indietro nel tempo. In alcune di queste c’è una versione più giovane e spensierata di Miguel Angel; dipinto sul suo viso c’è lo stesso sorriso orgoglioso e gioviale che ha ancora adesso quando balla. Oltre alle fotografie appese, esposte sugli scaffali ci sono scarpe colorate che si possono acquistare e dei dvd per apprendere passi particolari, che hanno per protagonisti la coppia; il nome di Daiana compare sempre in un formato leggermente più piccolo rispetto a quello del marito. Rimugino che la gerarchia si debba all’esperienza – tra di loro vi è una trentina d’anni di differenza– ma rassicurarmi che presto saranno pronti; avendo vissuto un anno a Buenos Aires non mi faccio illusioni. Anche se gli argentini non sono riconosciuti per loro puntualità, la loro ospitalità è di gran lunga più ammirevole; impegnati a accogliere gli studenti, organizzare un evento con un paio di agenti e a discutere di alcuni dettagli con alcuni maestri, Daiana e Miguel Angel sembrano avere una parola confortante per ognuno di loro mentre organizzano questo chiassoso alveare.
 
Miguel Angel Zotto e sua moglie Daiana Guspero hanno fondato la Zotto Tango Academy nel 2012. Nel sito online si legge che è stata la prima vera accademia europea completamente dedicata al tango argentino. Entrambi mi assicurano che in Italia non si può incontrare un posto tanto tradizionale come questo, e gli credo.
 
Per farmi sopportare meglio l’attesa, Daiana mi prepara personalmente un cappuccino. Intorno a noi si ode il via vai frenetico della scuola di ballo e degli allievi che si scambiano le scarpe e il ticchettio di queste sul pavimento; qualcuno entra, qualcuno esce, tutti si salutano calorosamente. Per essere il re e la regina del tango, sono estremamente cordiali. Miguel Angel sta ancora confabulando con alcuni dei suoi collaboratori così interrogo Daiana su come ha riottenuto la sua invidiabile forma fisica in seguito un parto gemellare – ballando aerobica mentre saltava su un pallone gonfiabile – e su come le ci vogliano settimane per riprendersi anche solo da un’influenza perché si ostina a non prendere farmaci – le consiglio un’aspirina naturale che allo stesso tempo rinforza le difese immunitarie -. Per questo raffreddore Daiana ha delle ottime ragioni per sperare di rimettersi in fretta: la coppia è stata invitata a ballare per il “Concerto di Natale” proprio per quel loro connazionale a cui hanno riservato un posto d’onore alla parete: Papa Francesco.
 
Per capire quanto questo evento sia eccezionale bisogna sapere che è la prima volta, nella lunghissima storia della Chiesa, che questa ha favorevolmente aperto le porte al tango, un ballo che fino allo scorso Natale era stato considerato troppo promiscuo per gli occhi e le orecchie ecclesiastiche. È curioso che la Chiesa abbia deciso di mostrarsi più aperta verso questo ballo, dai più considerato sensuale, proprio quando è drasticamente travolta dagli ultimi scandali sessuali sui comportamenti del suo clero, ma chissà che l’apertura su certi temi, da sempre scottanti, non possa favorire il dialogo e quindi un cambiamento positivo. Per ora si può solo sperare di attribuire una rivoluzione a Papa Francesco, che è noto a Buenos Aires anche per essere stato un progressista. È stato lui ad avere aperto le porte della sua cattedrale alla musica quando ancora ricopriva l’incarico di cardinale, come mi racconta Miguel Angel: “Fu Bergoglio il primo che fece introdurre alcuni strumenti, come ad esempio la chitarra, nelle chiese di Buenos Aires, e che invitò i fedeli a cantare. La gente potè allora ascoltare musica mentre il prete faceva la predica. Si era semplicemente più felici di andare a messa”.
 
Per la prima volta, durante questo Natale, il tango è stato ufficialmente accolto in Vaticano. Quando, novantacinque anni fa, questo ballo entrò nella Santa Sede fu solo dalla porta di servizio, e non da quella principale. Confuse fonti storiche riportano che nel 1924 fu il tanghero Casimiro Aìn, allora considerato uno dei migliori espressionisti di questa danza, a portarla sotto giudizio agli occhi di Pio XI, e se per quasi un secolo il famoso ballo argentino non venne più accolto alla corte pontificia si può facilmente dedurre il verdetto che gli venne dato. Le intenzioni erano, novantacinque anni fa, ben diverse da quelle accorse nella notte di dicembre a Roma, perché nel primo caso non si era affatto trattato, come nel secondo, di onorare il tango, quanto più di giudicarlo e soppesarlo se abbastanza casto per essere accettato nella cristianità.
 
Dato che loro sono cristiani mi interessa sapere cosa provano a ballare per il Papa. È Miguel Angel a rispondere: “Siamo molto emozionati, perché come manifestazione culturale è molto importante, soprattutto perché è la prima volta che accade come spettacolo dentro il Vaticano. Del resto quando ballarono di fronte al Papa di allora fu per solo mettere il tango sotto processo, per decidere se fosse osceno o meno. Ora invece fa parte della cultura di questo Papa, dato che è nato e vissuto a Buenos Aires, dove sono radicate le origini di questo ballo”.
 
Nell’introduzione della biografia di Miguel Angel si legge che il tango è il ballo più erotico che esista. Da qui, la mia seguente domanda: “Pensi che il tango si possa integrare con la religione cristiana?”. “Credo che la Chiesa debba accettare anche questa faccia del ballo, come d’altro canto accettano che la gente si sposi o, in altre parole, il matrimonio. Fa parte del naturale processo perché una coppia si conosca e si innamori. L’erotismo fa parte della vita, inoltre una cosa è l’osceno, un’altra cosa è l’erotico. Una cosa è la sessualità, un’altra è la sensualità e il tango non è una danza sessuale; il tango è una danza sensuale. La sensualità è l’espressione di una persona. La netta differenza sta nell’essere espliciti o meno. Nel tango non ci si bacia e non ci si tocca in nessuna parte oscena. Semplicemente, si può insinuare l’idea. L’uomo, tuttavia, non tocca nessuna parte sessuale”. “Nemmeno la donna”, ribadisco. Credo che questa presunzione del tango di essere erotico consista nella sua stessa fissazione a escludere rigorosamente tutto ciò che vuole richiamare. Infatti si richiama, senza esplicitarlo mai, tutto ciò che rimane escluso; e facendo così, tutto finisce per risolversi in un gioco.
 
Domando loro se ritengano sia stata un’idea di Papa Francesco o di un suo sottoposto al Vaticano. “Abbiamo saputo che al Papa piace molto il tango” e quando chiedo di specificare se come danza o come musica, è la seconda a predominare. “Quando è stato eletto pontefice, ha fatto pubblicamente il mio nome, sapendo che vivo e insegno qui in Italia. Dopo quell’episodio ho ricevuto una marea di chiamate da diversi giornalisti”, mi racconta Miguel Angel. “Prima di aprire questa scuola ne avevo una a Buenos Aires e il posto faceva parte di una chiesa. Un giorno mi arrivò la notizia che Bergoglio si rallegrò molto quando fu aperta”.
 
Decido che è di Vaticano si è parlato abbastanza e che è tempo di approfondire altri aspetti del tango. Sono curiosa di sapere se il tango li abbia aiutati a rimanere insieme come coppia. “O ti aiuta a rimanere insieme o ti affonda. Non ci sono alternative”. Daiana mi racconta che alla loro scuola hanno visto di tutto, da chi si è avvicinato tanto da sposarsi o che si è allontanato tanto da divorziare. Incrocio le dita mentre penso al mio fidanzato che ha appena cominciato a ballare.
 
Fortuna vuole che Daiana mi sussurri come fare a rimanere nella prima categoria: “Fino a che tratti bene un uomo e soprattutto non lo compari mai a nessun altro più bravo di lui, come il maestro, può funzionare. Proibito dire – con il maestro lo capisco, con te no! – Là inizia il conflitto. Tanto meglio dire al tuo compagno che è bravissimo, anche se non è vero, un po’ come una bugia bianca”.
 
Il consiglio è che se state meditando di iniziare, pensateci una seconda volta prima di iscrivervi insieme a vostra moglie/marito: lo stesso passo potrebbe portarvi alle nozze d’argento o di fronte al tribunale. Perfino loro hanno affrontato certe disquisizioni quando hanno iniziato a ballare insieme, anche se per ragioni diversi da chi lo fa a livello amatoriale. A livello professionista si è intrappolati nella logica perfezionistica e questo significa che c’è molto orgoglio in gioco. In pratica, si è costantemente tesi verso l’esattezza. “Se poi si è argentini, anche di più”, aggiunge sornione Miguel Angel.
 
Daiana ammette che essendo molto più giovane, inizialmente lottava sempre per avere ragione, nonostante fosse lui a avere più competenza. Lei aveva solo diciannove anni quando si conobbero e iniziarono a lavorare insieme, e solo con il tempo capirono come comportarsi l’uno con l’altro. Miguel Angel se ne esce, creativo, con una metafora tanghera: nella coppia sopravviene un momento simile a quando si piroetta insieme, e è chiamato el silencio. Questo è il momento clou nella tanda. L’uomo si ferma, si muove appena o anche per niente, lasciando spazio alla donna perché questa possa compiere elegantemente un passo. Quando si litiga con il proprio compagno/ a è lo stesso; vale la pena fare un bel respiro e lasciare all’altro/a un momento di libertà. È un atto di rispetto. Gli domando se anche nel mondo professionale del tango si respira questo rispetto e mi stupisce scoprire che il folklore in Argentina è molto più competitivo del tango. Secondo Miguel Angel, il tango ha appena cominciato a essere competitivo e solo una decina d’anni fa si poteva percepire molto più rispetto di quanto ce ne sia ora. Le cause, immagina, possono essere due: la mancanza di educazione o di curiosità. La seconda, mi garantisce, è fondamentale se si vuole diventare un eccellente e rispettato ballerino, perché senza di essa è altamente improbabile che ti interessi alla storia e al codice di comportamento. Crede che si tratti di una ribellione delle nuove generazioni per rompere con una tradizione a volte rigida e antiquata che ti vuole vedere trasformato in un cavaliere d’altri tempi. Daiana non è d’accordo. “C’è un po’ di tutto. Ci sono anche giovani interessati alla tradizione che quando incontrano Miguel Angel diventano matti e gli chiedono tantissime informazioni”. Anche a livello amatoriale ci sono rigorose regole da seguire, come ad esempio la mirada – lo sguardo silenzioso con cui l’uomo invita a ballare la donna -. È rarissimo che accada il contrario. Per la coppia i due mondi si sovrappongono: chi vuole fare parte del mondo professionale non può fare a meno di partecipare alle milonghe, che esprimono l’essenza del tango. Bisogna che un professionista conosca anche l’ambiente amatoriale, perché sebbene i due facciano parte della stessa totalità, come due facce della stessa medaglia, sono anche realtà separate e distinte. Daiana parla di suo marito “Lui si comporta diversamente. Essendo un ballerino di palcoscenico, quando si va a una milonga non si mette a fare dei passi che sono adattati per lo spettacolo. Si comporta come una persona normalissima. E questo non tutti i ballerini lo sanno; o lo sanno, e non lo fanno”. Il messaggio è che non importa se sei il migliore ballerino al mondo: non si fanno eccezioni quando si tratta di rispettare il codice, e insieme a esso, gli altri. Chi evita la milonga e si attiene solo al palcoscenico si perde l’aroma del tango, che è innanzitutto socialità. “È nato e rimane un ballo sociale, prima di essere esibizione e questo dovrebbe rimanere”, esordisce Miguel Angel.
 
Ho un’altra domanda scomoda per loro e riguarda proprio la nascita di questa danza. Il tango delle origini era ballato da uomini con altri uomini. La ragione non era discriminatoria, anzi. Un anziano amico cileno mi raccontò, mentre ci trovavamo a bere un caffè nel quartiere di San Telmo, che gli immigrati iniziarono a ballare tra di loro nei bordelli perché era l’unica via di uscita alla loro tremenda malinconia per le loro donne europee che avevano dovuto lasciare oltreoceano. Sempre più spesso negli ultimi anni si vedono persone dello stesso genere volteggiare insieme, e a essere onesti con la storia, questa nuova tendenza non rifiuta affatto la tradizione, piuttosto la ripercorre. Per questo mi interessa sapere cosa ne pensano loro. Daiana ha idee chiare: “A me, personalmente, in milonga non piace vederlo. Se mi interessa ricoprire il ruolo maschile, chiedo a Miguel Angel di mostrarmi il passo che l’uomo fa per poterlo ripetere, ma si tratta di insegnamento e accade in privato”. Lei non ha nessuna intenzione di fare la parte dell’uomo pubblicamente.
 
Per quanto ha imparato Miguel Angel, sono avvenute tre rivoluzioni nella storia del tango: una, antecedente alla Prima Guerra Mondiale, un’altra negli anni quaranta, conosciuta per essere stata l’era d’oro e infine la terza, dai primi anni ottanta fino a oggi. Lui prospetta una quarta, massiva rivoluzione: consiste proprio in questa nuova, o meglio riscoperta emancipazione che accoppia uomo con uomo e donna con donna. La spiegazione, secondo lui, è data dal fatto che prima di essere provocatorio e sensuale, questo approccio è una spinta a conoscere un’altra persona, e spesso non ci sono dietro fini romantici e se ci sono, la gente è più mentalmente più aperta di come era in passato. Un’altra trasformazione sta accadendo nella musica. Forse nella direzione sbagliata, perché invece di creare canzoni fresche e originali, c’è una forte propensione a schematizzare canzoni popolari moderne secondo un ritmo tanghero, quando c’è bisogno di una musica vergine che però rispetti la complessa struttura musicale delle vecchie canzoni, allo stesso modo in cui Astor Piazzola rivoluzionò la musica negli anni settanta. La strategia del compositore argentino fu di prendere una struttura già articolata e di rimodellarla vivacemente senza distorcere la natura in modo da mantenere un tango, come ad esempio uno dei suoi capolavori, Adiós Nonino, che è considerato un tangaccio, perché seppure moderno conserva una struttura tradizionale. Per questo, mi spiega Miguel Angel, il tango moderno dovrebbe ricrearsi con la stessa dinamica o, altrimenti, sviluppare un nuovo genere musicale, e mi rivela che le sue speranze su questo possibile cambiamento si sono ridotte in seguito a un suo incontro con Ennio Morricone a New York, in cui alla domanda “Ennio, ma perché lei non compone tango?”, lui gli rispose umilmente “Perché il tango è tanto complesso e per una sola città, Buenos Aires, e sinceramente con tutto quello che hanno già composto i grandi compositori, io, non ne sarei capace”. È facile immaginare il suo sconforto a quelle parole.
 
Sposto l’attenzione a un livello più personale, su come mai abbiano scelto Milano. “Inizialmente, la decisione era tra Roma o Milano. Milano sembrava una scelta più adeguata se pensata da una prospettiva europea. Rispetto a Roma, è più centralizzata nel continente. Milano era però molto fredda per noi: innanzitutto per il clima e poi per le persone”. Daiana era impressionata dalla freddezza con cui i milanesi si salutavano, con una stretta di mano e un mite piacere. Il clima cocente e la calorosità degli argentini erano ben lontani. È questa la ragione per cui più che la danza in sé, sono orgogliosi di avere insegnato ai milanesi come aprirsi. “È stata durissima, ma poi, pian piano, grazie a questo posto e all’energia che siamo riusciti a trasmettere, sono cambiati. Noi siamo normalissimi secondo gli standard del nostro paese, ci piace dare un bacio e ci piace abbracciare gli altri. Ora, quando i nostri allievi si salutano, non si danno più la mano, si danno dei baci. Ormai celebriamo un matrimonio all’anno, anche se per ogni sposo ci sono anche cinque amanti. L’ultimo è stato tra una maestra e un allievo”. Anche Daiana e Miguel Angel si sono conosciuti in una scuola di ballo, lei stavo uscendo, lui stava entrando, entrambi si sono fermati. È stato amore a prima vista. Quando gli chiedo se tornerebbero mai in Argentina, è la prima volta che li sento di pieno accordo su una questione; all’unisono proferiscono che non ci torneranno mai a vivere.
 
L’Argentina è vergognosa in termini di sicurezza. Quando ancora vivevano a Buenos Aires, hanno vissuto un brutto episodio. Era il famoso periodo dei sequestri. Nel gennaio 2012 si trovavano nel Teatro Astral per delle prove con altri venticinque artisti. La sera tardi, usciti dal teatro, se ne andarono a vedere un film in un cinema vicino e mentre erano in fila, Daiana notò cinque uomini sospetti fare il biglietto. Il buon senso le fece dubitare che tale mal assortito gruppo potesse accordarsi per andare a vedere un film insieme, così condivise i suoi sospetti con Miguel Angel, anche se nel frattempo si accomodarono. Oltre a loro e ai cinque uomini, nel cinema c’erano solo un’altra decina di persone. I cinque uomini si separarono: due si sedettero sul lato destro, due sul lato sinistro e uno in prima fila. Miguel Angel ordinò a Daiana di alzarsi e correre fuori. Lei non fece domande e insieme corsero fuori. Come uscirono dal cinema, furono seguiti. Si infilarono dentro a un ristorante e Daiana chiese al cameriere di controllare se qualcuno li stava seguendo. Il cameriere confermò: c’erano tre uomini che li stavano cercando come dei segugi all’angolo. Chiamarono la polizia, che li scortò a casa sani e salvi. A differenza di tanti altri argentini, che non riuscirono a salvarsi. In quegli anni è accaduto a tanti: ti sequestravano e poi chiedevano un riscatto alla tua famiglia. È stato quello il momento catartico in cui hanno deciso di emigrare. Poco dopo l’accaduto Daiana è rimasta incinta e a quel punto non avevano più dubbi, la sola idea di fare famiglia nella capitale argentina dava loro la pelle d’oca. Crescere dei figli in un regime di paura era fuori discussione, anche se l’educazione offerta era fantastica, scuole pubbliche comprese. Partirono alla volta dell’Italia.
 
Da quanto le riportano quotidianamente i genitori di lei, oggigiorno è ancora peggio. Sebbene i sequestri non sono più così frequenti, ci sono ancora, mentre la delinquenza è all’ordine del giorno. Sono diventati molto comuni gli scippi: tenere uno smartphone in mano è impensabile.
 
La microcriminalità si infiltra in ogni strada. Fortunatamente, per Buenos Aires e provincia, è stato recentemente creato un sito con una mappa interattiva che indica i punti della città più a rischio, ma gli scippi non sono l’unico crimine di cui preoccuparsi, anzi.
 
Un’altra ragazza è stata uccisa pochi giorni fa a Buenos Aires, e non si può certo dire da un uomo, perché l’assassino in questione ha solo quattordici anni. Significa che lo terranno in prigione sotto sorveglianza per un paio di giorni e poi dovranno lasciarlo andare perché è ancora minorenne. I cittadini che invocano giustizia, che non viene soddisfatta legalmente, spesso la cercano da sé seguendo l’antico detto babilonese “occhio per occhio, dente per dente”. I residenti del quartiere dove la ragazza abitava sono usciti per chiedere vendetta; il padre della vittima era in prima fila a domandare di poter uccidere l’assassino con le sue mani. La frustrazione ha portato gli abitanti a implorare di poter ammazzare il colpevole, invece di domandare che fosse applicata una giusta pena.
 
In Argentina, la legge 22.278 (sancita nel 1980, in piena dittatura) stabilisce il regime penale applicabile ai minori; secondo il suo articolo 1: “Un minore che non ha completato sedici anni non è punibile”. Tuttavia, in alcuni casi è considerata una figura chiamata “azzardo morale”, ossia un giudice può determinare un isolamento in un’istituzione giovanile. La verità è che spesso i crimini come dai minori, come quest’ultimo caso, non vengono affatto puniti. La soluzione non consiste certo nell’incentivare il carcere per i minori, quanto nel dare loro la possibilità di non essere nei panni di compiere quei reati, ma con la disparità economica che opprime l’Argentina questo rimane una sforzo gigantesco. Chi commette questi crimini è per lo più afflitto da una condizione di povertà quasi estrema. Per il paese, il Fondo monetario stima una caduta dell’attività economica dell’1,62% per l’intero 2019. Maurice Obstfeld, direttore del dipartimento Studi del Fmi, spiega che nelle economie dei paesi emergenti e in via di sviluppo la graduale rigidità della politica monetaria americana, sommata alle incertezze commerciali porta alla diminuzione dell’affluenza di capitali e alla perdita di valore della moneta locale, scoraggiando i mercati; e ad aggravare la situazione argentina, inoltre, ci sono gli alti livelli di debito pubblico e delle imprese.
 
La buona novella nel caso argentino si incontra nella vita al femminile: qualcosa è cambiato. La donna ha molta più importanza. È Daiana a parlarne “Pochi anni fa una donna che camminava da sola per strada sarebbe stata accolta con commenti osceni, era la normalità. Nessuno avrebbe messo in dubbio la moralità dell’accaduto. Se adesso osi commentare in modo volgare o toccare in modo inappropriato una donna, questo è considerato delitto”. Significa che per gli uomini comportarsi volgarmente è un rischio: una denuncia è reale. C’è una protezione verso la donna che prima non c’era. Le chiedo se si è mai trovata a disagio ballando e mi confessa che non le è mai accaduto niente di spiacevole durante una milonga, ma che anche lei ha un brutto ricordo. “Mi sono trovata a disagio, ma professionalmente. Nella milonga se non ti senti a tuo agio hai tutta l’autorità di dire di no e andartene. Se ti senti scomoda da un abbraccio ti puoi staccare. Invece, non dimenticherò mai questo episodio. Avevo diciassette anni e mia mamma mi accompagnava da tutte le parti, a tutti i lavori a cui ero chiamata. Lei mi portava e poi tornava a riprendermi. Con una sola eccezione: arrivo in questo posto e l’uomo che mi accoglie chiede a mia mamma di rimanere fuori. Mia mamma, che normalmente mi avrebbe lasciata da sola, si rifiuta, spiegando che poiché sono ancora minorenne ha il dovere di vigilarmi e promette che non disturberà le prove. Lui accetta, ma la fa accomodare in cucina mentre noi proviamo nella sala da ballo. Stiamo provando, quando ad un tratto mi spiega che sarei dovuta salire sulla sua spalla e appoggiare la mia “patatina” – questo il termine usato da lui – più vicino alla sua testa. Quando se ne è uscito con un’altra viscida metafora sessuale non ci ho più visto, gli ho intimato di farmi scendere perché non mi andava per niente il suo modo di interpretare il tango. Non ho detto una parola a mia mamma finché non siamo uscite, altrimenti l’avrebbe ammazzato”.
 
Le chiedo cosa ne pensa quando qualcuno tenta di correggerti durante una tanda e concordiamo che l’uomo non dovrebbe permettersi di suggerire, e nemmeno la donna. I commenti vanno lasciati alla lezione e alla pratica. La regola d’oro consiste nell’accettare l’altro come partner di ballo, e di conseguenza lasciare fuori tutti i “non mi piace” o “non mi va” – sempre che non sia perché ci si senta a disagio -, perché bisogna essere consci che ci si trova davanti qualcuno diverso da noi. C’è un’altra regola basilare: vietato parlare. Solo alla fine di un tango si apre bocca, se si vuole fare due chiacchiere e conoscere meglio l’altro/a o anche solo per cavalleria, perché quando si balla, lo/a si conosce in un altro modo e questo va rispettato. Daiana mi assicura che se qualcuno tenta di parlarle durante una tanda non accetterà più di ballare con lo stesso ballerino, a meno che non sia un amico. E se vuole danzare con qualcuno, lo fissa. Le domando se ha mai invitato esplicitamente un uomo a ballare. Io lo faccio spesso. Lei no, e per sottolineare la sua risposta fa un cenno negativo con la testa. C’è un codice a cui attenersi. Per lei il tango è prima di tutto socialità, prima ancora di essere un ballo. Si può andare alla milonga semplicemente per chiacchierare con gli amici, ascoltare musica e magari osservare gli altri.
 
Discutiamo di come il tango possa avere enormi riscontri positivi sulle persone che vivono da sole o che in generale non hanno la fortuna di avere intorno a loro una forte rete sociale o relazioni affettive stabili. Alle lezioni o sulla pista da ballo se ne incontrano molte di queste persone, e non ho dubbi che questa categoria sia ancora più sensibile a dipendere dal tango. Letteralmente. Secondo una recente ricerca scientifica francese che ha coinvolto oltre 1.000 persone, il tango può essere classificabile come dipendenza. La ricerca è stata basata su un questionario online inviato ad abbonati a riviste di tango, analizzando metodologie DSM-IV, criteri di Goodman e autovalutazione. Il 20% di quanti hanno risposto al questionario hanno dichiarato sintomi fisici di astinenza da tango, e un ulteriore terzo dichiarava un desiderio molto forte di ballare, con tristezza e irrequietezza quando non ballava. Effetti positivi però si riscontravano sia nelle persone classificabili come dipendenti che quelle come non dipendenti. Anche loro hanno notato questa tendenza nella loro scuola, del resto molti dei loro clienti, pur dovendo alzarsi alle sei del mattino per andare al lavoro, vanno a ballare tutte le sere. Sacrificano non solo tutto il loro tempo libero, ma anche parte del loro sonno. Ci sono poi casi particolari, ad esempio in un’allieva che soffre di Parkinson hanno notato miracoli. Siccome la donna si vergognava a partecipare con gli altri alla lezione comune, insistettero perché venisse comunque una mezz’ora prima. Quando arrivò, tremante per la malattia, Miguel Angel la invitò subito a ballare. Una volta stretti nell’abbraccio, la donna era diventata un’altra persona: aveva completamente smesso di tremare. Forse la concentrazione era tanto forte che era riuscita a dominare il tremore della malattia. Anche Miguel Angel, prima di sposarsi, andava a ballare tutte le sere. Nel cuore della loro linea di pensiero il tango è socialità. Quello che succede con il tango e non succede con un altro ballo sociale è che si fa amicizia immediatamente, insiste Miguel Angel. “In qualsiasi parte del mondo tu ti possa trovare, puoi sempre incontrare una comunità tanghera che ti accoglie. È un’apripista veloce per farsi degli amici, perché una volta che conosci due, cinque o sei persone che fanno dell’associazione, ti si apre un mondo. E ciò che non succede in un’altra danza è il sentimento forte che ti prende durante l’abbraccio. Si abbraccia costantemente un’altra persona e questo ti fa stare bene”. Quale migliore medicina per un’anima solitaria, di un abbraccio? Per questa ragione il tango può diventare un canale importante per creare relazione affettive e stabilire una connessione corporale che si sta perdendo. Le nuove generazioni – come i millenials – hanno sempre meno occasioni di creare una connessione che non sia informatica, ma fisica. È chiaro che faccia bene alla salute. Ci sono moltissime persone che soffrono di solitudine, e dalla solitudine alla depressione il passo è breve. Loro ne conoscono parecchi che si sono avvicinati al tango e sono guariti grazie a esso. È ora di concludere l’intervista. Mi viene in mente che l’espressione più conosciuta sul tango è che sia “Un pensiero triste che si balla”, ma dopo aver discusso quest’ultimo argomento non concordo per niente con quest’affermazione, anzi. Chiedo a Miguel Angel se gli sia mai capitato di sentire quest’altra citazione invece, dello scrittore italiano Guido Ceronetti, “Da solo l’uomo è fango, in due è tango”. Fa un ampio sorriso mentre fa un cenno di negazione, ma che gli piace terribilmente.
 
Francesca Maria Nespolo

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