Navigando tra i vari social network, ultimamente mi sono imbattuta in un nuovo prodotto alimentare: il grano antico. Da quello riportato sui vari social network sembra presentare un contenuto di glutine quasi pari a zero e delle caratteristiche completamente diverse dai grani moderni.
Così, mossa da curiosità ho iniziato a fare varie ricerche sui motori di ricerca scientifici per raccogliere maggiori informazioni su questo prodotto.
Il grano, come tutti i cereali che sono alla base dell’alimentazione umana, fornisce carboidrati (principalmente), proteine, grassi, fibre e sali minerali.
Ripercorrendo la storia del grano scopriamo che fu coltivato per la prima volta circa 10.000 anni fa in Turchia, a partire dalla “rivoluzione neolitica” e, con il passare del tempo, l’uomo ha selezionato la specie di grano più risponde alle sue esigenze.
Quando si parla di grano antico non si fa riferimento solamente a un’unica specie, ma a un gruppo di specie, come, ad esempio, la chia (un cibo dimenticato dagli Aztechi), la quinoa (coltivata nella regione andina) e il farro (definito anche come Emmer e coltivato in Oriente).
Un tipo di grano antico che negli ultimi decenni è stato largamente promosso è il kamut. Il seme di kamut è stato scoperto in Egitto negli anni ’40 in una tomba egizia (almeno così sembra. Altre fonti dicono che sia stato semplicemente acquistato da un commerciante di strada, ma – si sa – per il business questo e altro). Nel 2009 vennero effettuati degli studi sulle gliadine presenti nel kamut in quanto iniziavano a girare delle notizie che mostravano il prodotto come privo di glutine e, quindi, adatto alle diete aglutinate.
I risultati furono negativamente sorprendenti, perché esso non presentava un contenuto di gliadine molto diverso dai grani moderni.
È logico domandarsi quale differenza abbia con i moderni grani e, per rispondere alle nostre domande, ci hanno pensato due scienziati nel 2015: Shewry e Hey. Essi hanno confrontato i grani antichi con i moderni grani e hanno concluso che i primi differiscono poco, per quanto riguarda le molecole bioattive, dalle moderne specie di grano, ma possono avere un quantitativo maggiore di alcuni componenti, come la fibra alimentare. Naturalmente, la provenienza dei grani (antichi o moderni) va a influenzare la percentuale delle molecole bioattive del grano, ma non la composizione proteica.
La composizione proteica del grano, definita come glutine, può scatenare, in alcuni di noi, un’infiammazione cronica dell’intestino tenue che prende il nome di celiachia. L’infiammazione avviene nel momento in cui il nostro organismo entra in contatto con le gliadine ( un tipo di proteine presenti nel glutine) e si ha una risposta da parte del nostro sistema immunitario.
Oggi, l’unica terapia possibile per la celiachia, è quella che prevede una dieta aglutinata. I soggetti che soffrono di questa patologia, devono necessariamente evitare il glutine nel loro regime alimentare.
Confrontando la composizione proteica del grano antico con quello moderno è emerso che essa non cambia di molto.
Dover affermare che tutti i grani antichi non presentano un pericolo per le persone che soffrono di celiachia è errato, bisogna saper sempre fare distinzione a quale tipo di grano facciamo riferimento.
Un esempio? Consiglierei, a una persona celiaca, la quinoa in semi, mai il farro!