Il copione è sempre lo stesso e appare inalterato nel tempo: una donna decide di porre un freno e una fine a una relazione e il suo compagno – in nome di una riaffermazione imperitura di un ultimo e definitivo possesso – uccide in modo truce.
Quasi sempre questo tragico epilogo è figlio di una serie di prevaricazioni, minacce, abusi e piccole e grandi violenze ma anche di denunce. A cui non si riesce mai a dare un seguito.
Gli ultimi due tragici episodi di Senago in provincia di Milano e Roma, pur se maturati in contesti diversi, hanno un comune denominatore: la violenza come approdo unilaterale, quasi fosse l’unica soluzione o l’extrema ratio cui far riferimento, malgrado tutto.
Sesso e possesso, nient’altro. Con una crisi culturale che non si può risolvere solo con le leggi, che almeno in via preventiva forse non bastano.
Sullo sfondo, il dato inquietante di un’alta percentuale di donne che non denuncia il carnefice in nome di un amore distorto e malato.
Il recinto del possesso vissuto in nome di una piena proprietà poi fa il resto, con la morbosità del rapporto che non accetta rivoli diversi e iniziative personali, con il narcisismo che rimarca ogni cosa e ossessivamente guida il ménage, disarcionandolo senza nessuna forma di dialogo neanche apparente.
Il tutto in un contesto minato ma apparentemente normale, con un’unica spirale tragica e violenta che vorremmo non portasse al rischio di assistere come spettatori alle violenze in maniera passiva, quasi fossero i titoli di coda.
Per rispetto alle vittime.
Zero Biscuit di Mauro Lama