Non titolerò “Si vince anche quando si perde”, perché quella di ieri sera è tutto tranne che una sconfitta. Quando si regala un sogno a una città che era in coma sportivo da oltre un trentennio, il risultato di una partita è un semplice dettaglio.
Avrei voluto vedere lacrime di gioia, ieri sera. Eccome. E andare a Orzinuovi a giocarsi la bella come questa squadra avrebbe meritato. Sarei venuta anch’io. E schiodare una che aveva giurato a se stessa “mai più”, dopo aver percorso l’Italia dalle Alpi alla Sicilia dietro a squadre di volley e basket con alzate alle 4 di mattina e ritorni alle 3, è già di per sé un miracolo nel miracolo.
Tant’è, oggi raccontiamo un’altra storia.
Una bellissima storia.
La storia dell’underdog mestrina che, sarà l’onda emotiva del momento, meriterebbe un film, di quelli che piacciono tanto agli americani.
Qualche errore di troppo? Ci sta. Adrenalina a mille, voglia di vincere, paura di perdere, caos calmo (nemmeno troppo) in campo, cavolate che non faresti manco nel campetto dietro casa. La prova è nei primi secondi di ieri sera: ho cercato il boccino da ambo le parti. Ma il canestro non era in alto?
Quando sei in partita, è tutta un’altra dimensione. In campo si gioca, in campo si cresce, in campo si sbaglia e si inanellano capolavori. Come andare due volte all’overtime contro la miglior difesa della serie B con giocatori che sono il doppio di te non solo fisicamente, ma anche e soprattutto nel gioco “sporco”.
Noi li abbiamo fatti penare. Se vi sembra poco.
Dico “noi” e provo quasi un senso di vergogna per appropriarmi di qualcosa che è “mio” solamente dal 17 maggio scorso.
Fino a poche settimane fa Gemini Mestre era conosciuta, ma soprattutto seguita, solo dai fedelissimi, che ammiro e lo scrivo. Il resto della città dormiva beata senza sapere che a Trivignano si stava scrivendo una nuova pagina dello sport cittadino.
Poi i play off, il Taliercio e il risveglio di chi, negli anni d’oro, aveva gli adesivi di Canon, Vidal, Pepper, Superga appiccicati alla libreria.
Ieri sera l’ho detto ai ragazzi: “Adesso no, ma vi renderete presto conto di quello che avete fatto”. E mi sono scusata, per non essere mai andata a vederli prima. Facile arrivare a casa propria, nel tempio del basket, ebbri di memorie impagabili, a tifare la squadra del cuore.
Ma dov’eravamo, quasi tutti, quando Mazzu & Co., mattone dopo mattone, hanno costruito questo capolavoro cestistico guidati da Cesare Ciocca e da una società e uno sponsor che andrebbero nella Hall of Fame solo per il coraggio e la tenacia dimostrate?
Questa è una squadra pulita, siatene orgogliosi. È una squadra che se la gioca senza tante manfrine.
A fronte di gesti plateali, provocazioni, sceneggiate degne di una telenovela, di arbitri che mi piacerebbe sapere che ne pensa Carmelo Lo Guzzo (700 partite all’attivo) nell’overtime arriva la gomitata in testa a capitan Mazzucchelli a pochi centimetri da me.
Gli fa male. Parecchio. Poteva fare qualsiasi cosa. Un giocatore “sporco” avrebbe fatto qualsiasi cosa. Ne avrebbe approfittato. Lui invece ha scosso la testa, si è alzato, ha percorso metà campo cercando di capire quando grande fosse il bozzo rimediato, e ha continuato a sputare l’anima come niente fosse.
Prima la squadra.
E questo è il grandissimo capolavoro di coach Cesare Ciocca.
Avrei voluto vedere la Gemini in A2 già quest’anno. Potete giurarlo. E anche se qualcuno penserà che sia impazzita, sono convinta che niente succeda per niente.
Questa squadra l’anno prossimo si merita il pubblico delle ultime serate a ogni partita giocata in casa e anche in trasferta. Dovesse calcare il parquet della parrocchia.
Ma noi rivogliamo casa nostra.
E allora saranno i più bei play off degli ultimi 35 anni.
Una squadra e il suo pubblico.
Una squadra e un sogno inseguito da 35 anni.
Gemini Mestre, è appena cominciata.
PS. Grazie di cuore a Massimo Lenza per questa bella avventura. L’orecchio destro stamattina funziona ancora.
credits foto Basket Mestre 1958