In un mondo che sta andando alla rovescia, forse anche contro natura, dove esempi di abbandono di neonati riempiono di tristezza e sconcerto, dove le campagne della maternità surrogata sfiorano l’assurdo e l’inconcepibile, dove l’eutanasia e la cultura dello scarto si insinuano con prepotenza nella quotidianità, dove la mortalità dovuta alla guerra e alla fame ha raggiunto livelli insostenibili, dove i pilastri fondamentali individuati nella dignità, libertà, uguaglianza e fratellanza vengono calpestati a favore di un progressivismo riformista involutivo, è davvero confortante guardarsi attorno e sentire quanto forti e presenti, da voce religiosa, politica e associazionistica all’unisono, siano le invocazioni alla tutela della maternità quale fulcro di crescita ed arricchimento, alla ricerca e alla negoziazione della pace in qualsiasi forma e processo, alla fratellanza e all’uguaglianza tra i popoli per una condivisione più equa delle risorse, alla cultura della persona che soffre o in fine vita affinché la vita sia valorizzata in ogni suo aspetto.
Anche se ripetutamente bombardati da formule innovative ad alta opacità, da proposte accattivanti di disvalori negoziabili, da una continua e perpetua trasformazione genetica e di pensiero, non dobbiamo perdere di vista e scordare quei principi fondamentali che reggono il nostro essere e la nostra sostanza, in qualità di individui facenti parte in primo luogo di una famiglia, intesa come fulcro generativo che rassicura, accudisce e protegge, di una comunità con forte accento spirituale e religioso che guida e fortifica il nostro spirito; in ultimo di una nazione fondata dalla volontà di unire gli animi e di ricostruire dalle macerie.
Non dimentichiamo quel senso di appartenenza, quel sentimento identificato nella celebrazione quotidiana della vita e dell’armonia, della volontà di creare legami emotivi stabili e duraturi a beneficio della propria ed altrui esistenza.