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Tremilatrecentoquarantatre

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Siamo un po’ tutti sulla Marmolada, a vene ghiacciate.

Quante volte ce l’hanno fatta studiare, dalle elementari alle medie, “la cima più alta del Veneto, con il suo ghiacciaio”, la Marmolada.

Il ghiacciaio della Marmolada che si ritira, anno dopo anno, il lago Fedaia sempre più asciutto e a guardarla, sempre maestosa. I serrai di Sottoguda, il ferro battuto del paesino che si attraversa per arrivarci.

La meraviglia della montagna, che si mostra, che ci accoglie. Che si lascia scalare.

Mi è stato proposto più volte di andarci su quel ghiacciaio, in passato, mi faceva paura, sempre rifiutato gli inviti di chi mi ha insegnato a scalare due massi, mio padre.

Va bene tutto, ma non il ghiacciaio, paura di scivolare, paura di non avere sassi sotto i piedi, ma ghiaccio. Paura di cadere che ci accompagna un po’ tutti, da qualche anno. Siamo legati in una cordata che vincola tutto il mondo, iniziata a marzo 2020 con la pandemia. Ora prosegue, parallelamente, con questa corda che ci vincola anche alla guerra in Ucraina, al vaiolo delle scimmie, alla siccità.

Questa cordata nella quale siamo sempre più costretti, che pare quasi non esser più una sicurezza ma una costrizione.
Individuato un problema, se ne crea l’emergenza, si individua lo scopo politico, con fini economici ed ecco la soluzione, sempre lo sia.

Un esempio su tutti: surriscaldamento globale? Via le auto a propulsione termica. Criticata da più costruttori d’auto.

Nel frattempo, si paventano restrizioni, che tanto han spaventato durante il Covid con preghiera di accettarle.

Anzi, non serve pregare nessuno. Si accettano e si dà la colpa alla siccità che, tanto, è colpa nostra. La memoria corta ci fa indebolire.

Alcuni temi di attualità sono sulla cresta dell’onda dagli anni 80. Un altro da almeno 8 anni.

Ci hanno abituato che vengono affrontati quando le soluzioni agli stessi possono giovare politicamente ed economicamente, altrimenti non ne vale la pena.

Chiaro e limpido, c’è un problema? Ti tolgo qualcosa, ti do un bonus col quale calmiero poco, ma ti faccio percepire gravità a profusione e devi preoccuparti. Ed incassi qualcosa così pensi “Beh, taci che quei 120 euro li abbiamo recuperati”.

Credo però il tutto abbia origini molto più profonde, con il quale chiunque politicamente sopra noi ci sguazza nel giocarci. Abbiamo perso il senso civico, siamo sprezzanti delle regole, sino a che abbiamo l’erba verde in giardino, dopo di che, forse, ci preoccupiamo.

Siamo pronti a lanciarci in cordata senza imbracatura, per anni ed anni, se qualcuno ci riprende lo malediciamo pure.
Poi, però, quasi fosse una beffa, nel momento in cui ci vogliamo mettere tutti in sicurezza, è il suolo sotto di noi, stanco della nostra superficialità, a crollare e ci porta via.

A vene ghiacciate, capiamo che il senso delle scelte che ci vengono imposte è frutto dei nostri errori, ma veniamo travolti dai fatti e manco ce ne rendiamo conto. Tutto troppo veloce, anzi, sembra veloce perché non abbiamo voluto prenderci del tempo per ragionare, per decenni.

E il ridicolo del cercare responsabili e responsabilità di una tragedia che ci siamo confezionati, seppure involontariamente, con le nostre mani.

Ma noi restiamo qui, a vene ghiacciate, a piangere i nostri morti, i nostri dispersi, a criticare quel che non abbiamo voluto fare, anzi, quel che non han voluto fare gli altri, perché noi, in giardino, abbiamo l’erba verde e le scelte del vicino non ci riguardano. Forse sì e non sarebbe mai troppo tardi per capirlo.

Non è mai troppo tardi per aver paura, nessuna vergogna nell’ammetterlo. Si tratti di scalare un ghiacciaio o, più semplicemente, di voler migliorare la nostra vita, a pane e rispetto tutto il giorno, perché le lacrime asciugano, come i ghiacciai.

Gianluca Longo

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