Alla fine la pellicola che sbanca è “Everything Everywere All at Once“ che, quasi onnivora si porta a casa ben 7 statuette tra cui miglior film, migliore attrice e migliori non protagonisti su 11 candidature. Il metaverso trionfa in questa interpretazione narrativa che poi è la “summa“ di azione, comedy e romance. Tutti insieme appassionatamente vincenti. Chapeaux ai Daniels.
Poi arriva il “pezzo grosso“, quel Brendan Fraser che di kg ne fa 250 nel ruolo di Charlie in “The Whale“ e approda alla statuetta di miglior attore con un personaggio eroico, pesante e pensante. Che alla conta dei fatti non è passato inosservato, anzi.
E l’Italia? In bianco e senza premi, con Alba Rohrwacher e “ Le Pupille“ sedotta e abbandonata, data a lungo per favorita e poi cassata al pari di Aldo SIgnoretti dato per buono nel team make up e hairstyling di Elvis, alla pari dei produttori Andrea Jervolino e Lady Bacardi e We Do it Togheter di Chiara Tilesi per Tell it like a Woman.
Ma l’attimo che fugge, il momento che sospinge il cuore a farsi sentire ce lo regala John Travolta che nel segmento “in memoriam“ ricordando sommessamente le personalità di Hollywood scomparse quest’anno ha ricordato “la sua“ Olivia Newton John che l’8 agosto dell’anno scorso ci ha lasciato creando un vuoto incolmabile.
Il resto? Sono statuette mancate ed altre arrivate a premiare attori, storie, registi, narrazioni e sceneggiature, colonne sonore. Dove c’è il premio esiste il talento. Almeno per giudizio insindacabile per la giuria.
E le sale cinematografiche come sempre ci attendono comode e discrete, assolutamente uniche, nate per farci sognare. Tocca a noi gremirle.
Instacult di Mauro Lama
Credit Photo – La Presse