Sempre attento alle tematiche di stretta attualità, con una sensibilità particolare per la condizione femminile, l’Ateneo Veneto propone per la giornata dell’8 marzo una riflessione sui diritti violati delle donne in Iran e in Afghanistan, paesi in cui i regimi islamici hanno cancellato la libertà e negato i diritti dei singoli.
VENEZIA – In Iran proseguono le proteste e le manifestazioni scoppiate dopo la morte di Mahsa Jina Amini, la giovane fermata e picchiata dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo islamico, ma la repressione ordinata dal governo degli ayatollah è sempre più dura.
L’appuntamento all’Ateneo Veneto, che rientra nel programma del Marzo-Donna del Comune di Venezia, darà l’opportunità di ascoltare la testimonianza di Kamin Mohammadi, giornalista iraniana fuggita con la famiglia dall’Iran durante la rivoluzione di Khomeini del ’79, esule nel Regno Unito. Kamin è un’attivista per i diritti umani e per donne iraniane. Per i suoi contributi giornalistici ha ottenuto due importanti riconoscimenti come l’Amnesty International Human Rights in Journalism Award sul suo lavoro sulle vittime delle armi chimiche in Iran e anche il prestigioso premio della American Society of Magazine Editors per il migliore saggio sull’Iran.
Altra testimonianza, portatrice di un messaggio di speranza e di possibilità di rinnovamento, verrà dal giornalista Marco Niada, già corrispondente de Il Sole 24 Ore a Londra, dove attualmente risiede. Da una decina d’anni Niada si occupa di problemi di sviluppo ed è presidente del Comitato Arghosha Faraway Schools, una charity che finanzia progetti di educazione in Afghanistan. Dal 2005 a oggi Arghosha ha finanziato la costruzione di 13 scuole (per oltre 5000 alunni, di cui 3500 femmine), la riqualificazione di 300 insegnanti, 20 borse di studio universitarie femminili e l’alfabetizzazione di 500 donne nella province di Bamiyan e Daikundi.
Concluderà l’incontro la proiezione in prima assoluta del documentario “Donna Vita Libertà” ideato e diretto da Giovanna Pastega con le riprese e il montaggio di Andrea Basso e l’assistenza tecnica di Francesca Pezzo.
Da Venezia, da secoli luogo di incontro tra culture e popoli, questo docufilm vuole portare all’attenzione internazionale la voce di tre donne iraniane e kurde contro la violenza, il loro racconto delle proteste scoppiate in Iran, il loro timore per le ritorsioni verso la famiglia e gli amici, il loro desiderio di libertà, di parità e di una società più giusta.
Tre voci diverse, ma un unico grido di libertà per tutte le donne: ecco allora susseguirsi nel documentario la voce di “una figlia dell’Iran” rimasta anonima per timore di ritorsioni sulla sua famiglia; e poi di una giovane e appassionata studentessa kurda-iraniana, Snour Nishat, arrivata in Italia da soli sei mesi e già molto attiva in sostegno della protesta: ed infine di una donna kurda-irachena, Gulala Salih, attivista per i diritti dei bambini e delle donne e presidente della Associazione Udik (Unione Donne Italo Kurde).
Dai loro racconti, il profilo di un paese in fermento e di una società che vuole cambiare veste e soprattutto il ricordo di Jina Amini e la speranza che la sua morte e le tante altre, di cui il regime iraniano si è macchiato, possano servire come monito per continuare quella che in molti hanno già definito una rivoluzione in nome della donna, della vita e della libertà.
Giovanna Pastega è nata e vive a Venezia. Giornalista professionista, è stata la prima direttrice donna di Antenna Tre Nord Est, ruolo che ha ricoperto per 12 anni. Attualmente collabora alla pagina di cultura del “Piccolo di Trieste”. Ha ideato e condotto numerosi format televisivi e radiofonici. È autrice e regista di documentari su temi culturali e sociali. È l’ideatrice per il Sindacato dei Giornalisti del Veneto del “Manifesto di Venezia” per il rispetto e la parità di genere nell’informazione. Come Consigliera Accademica dell’Ateneo Veneto ha promosso il Progetto “L’Ateneo dei giovani”.