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Venezia. Ingegneri a convegno per difendere la Basilica di San Marco dall’acqua alta

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VENEZIA – Per comprendere l’impatto sempre più critico dei cambiamenti climatici, c’è un dato da considerare che fa riflettere: in 1200 anni di storia, l’interno della Basilica di San Marco è stato sommerso sei volte dall’acqua salata, tre di queste solo negli ultimi 20 anni.

“L’Ordine degli Ingegneri di Venezia ha sempre posto attenzione alle opere di difesa dalle acque alte della città – spiega Mariano Carraro, presidente dell’Ordine Ingegneri Venezia – non solo per la rilevanza nazionale e internazionale che la stessa presenta, ma anche per gli aspetti tecnico-ingegneristici che si sono dovuti via via affrontare”.

Il convegno in programma oggi, venerdì 3 febbraio 2023, alle ore 14.30 a Venezia, Ateneo Veneto di Campo San Fantin, si concentra sull’importante tema della difesa di Venezia dalle acque alte e il suo principale simbolo, la Basilica di San Marco.

“Oltre al MoSE, che difende la città dalle acque alta sopra ai 110 cm – continua la Carraro – sono di straordinario interesse anche le opere recentemente realizzate per difendere la Basilica di San Marco. Essa si trova a una quota di imposta ben inferiore ai 110 cm e quindi è soggetta alle acque medie, che pure provocano non pochi danni ai suoi marmi e alle sue strutture millenarie. È quindi altrettanto interessante conoscere i dettagli tecnici dell’operazione che è stata messa in campo, con le tecnologie che oggi possono essere impiegate”.


Le acque alte del passato e i danni registrati

In 1200 anni di storia, da quando fu edificata dal doge Giustiniano Partecipazio (IX secolo) per dare degna sepoltura al corpo dell’evangelista Marco, l’interno della Basilica è stato invaso dall’acqua in sei occasioni e ben tre di queste sono occorse negli ultimi 20 anni. I casi più recenti e noti di acque alte a San Marco sono quelli dell’ottobre 2018 e del novembre 2019 quando, misurata sul pavimento del nartece, l’acqua raggiunse rispettivamente le altezze di 90 e di 70 cm, permanendo all’interno della Basilica molte ore. È bene ricordare anche che, nel novembre del 1966, era quindi un evento raro ma di eccezionale gravità, capace di “invecchiare di vent’anni la Basilica”. Ben più grave era la situazione del nartece, il cui pavimento si trova a quota più bassa della Basilica e veniva raggiunto dalla marea decine di volte in un anno.

Ingenti i danni causati ai preziosi rivestimenti a mosaico, ai marmi policromi che rivestono le murature, ai pavimenti della Basilica, delle cappelle e del nartece; l’acqua salmastra penetra e disgrega le pietre ed i laterizi, sbriciola le malte e gli intonaci, svanisce i colori delle decorazioni musive.

Neppure l’entrata in servizio – peraltro ancora provvisoria – del MoSE, nonostante i lusinghieri risultati nel centro storico, aveva risolto la situazione. In esercizio il MoSE sarà azionato in previsione di livelli di marea superiori a 110 cm; ma non sarà attivato con i livelli inferiori, quelli cioè che procurano l’allagamento della Basilica, del nartece e dell’insula marciana. Per esempio quando la marea supera i 65 cm (il nartece) ed i 70 cm (la piazza).

Per la difesa dalle acque alte inferiori a 110 cm, era necessario pensare a soluzioni differenti.


La soluzione, tra critiche e successo

La soluzione è infine giunta con gli interventi progettati su iniziativa della Procuratoria e finanziati dal Provveditorato alle Opere Pubbliche del Triveneto, alcuni già eseguiti, altri soltanto avviati: l’impermeabilizzazione del nartece, la realizzazione della barriera di cristallo, l’impermeabilizzazione della piazza e il marginamento dell’insula marciana.

Nel mentre è stata grande l’apprensione di Procuratoria e Patriarcato Patriarcato per la grave situazione della Basilica e per il ritardo degli interventi di salvaguardia: problemi finanziari, burocratici, necessità di delicate indagini archeologiche e non ultimo il frequente allagamento dei cantieri. Questa apprensione è finita: conclusi da tempo i lavori di impermeabilizzazione del nartece, ora è attiva anche la barriera di cristallo che circonda la Basilica, progettista Ing. Daniele Rinaldo e Direttore dei Lavori Arch. Francesco Lanza di Thetis. Un’opera discussa perché inserita in un delicato contesto monumentale, ma necessaria per salvaguardare i delicati mosaici e per non compromettere gli impegnativi e costosi lavori di restauro della Basilica.

Un successo raggiunto grazie all’impegno ed alla collaborazione di Conservatoria, Provveditorato, Soprintendenza e all’opera delle imprese del Consorzio Venezia Nuova e Thetis: un risultato lusinghiero sotto l’aspetto funzionale e architettonico. Quella della barriera di cristallo resta però una soluzione necessaria ma temporanea: servirà fino a quando saranno completati i lavori di impermeabilizzazione e marginamento in corso, che metteranno in sicurezza l’intera insula marciana anche nei confronti delle acque alte inferiori a 110 cm.

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