L’11 e 12 marzo rivive la Commedia dell’Arte tra intrighi e risate.
TREVISO – Maschere dalle smorfie inamovibili e un cast di nove interpreti, con il gioco degli equivoci le risate sono assicurate. Sabato 11 e domenica 12 marzo va in scena al Teatro Mario Del Monaco di Treviso Arlecchino muto per spavento. Lo spettacolo, una co-produzione dalla compagnia Stivalaccio Teatro con TSV – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano e Teatro Stabile di Verona, ripropone uno dei canovacci più rappresentati nella Parigi di inizio ‘700 ispirato all’Arlequin muet par crainte di Luigi Riccoboni e riaccende i riflettori sulla commedia dell’arte con la maschera più amata di sempre.
Sul palcoscenico Sara Allevi, Marie Coutance, Matteo Cremon, Anna De Franceschi, Michele Mori, Stefano Rota, Pierdomenico Simone, Maria Luisa Zaltron e Marco Zoppello, che ha curato anche regia e soggetto, si confrontano con una forma di teatro popolare, in cui la tradizione viene smontata e rimontata con strumenti di interpretazione e lettura contemporanei tra recitazione, canto, danza e combattimento scenico. Non manca niente, nemmeno un occhio di riguardo per l’ecologia e la sostenibilità. Tutti i costumi, ideati da Francesca Parisi, Sonia Marianni e Caterina Volpato, sono stati realizzati riciclando stoffe e materiali a basso impatto ambientale.
La trama è quella “classica” della Commedia dell’Arte, con un amore contrastato e i lazzi e le improvvisazioni lasciate ai personaggi e alle maschere che portano in scena. Il giovane Lelio, lasciata Venezia e giunto a Milano, pretende sia fatta giustizia. Nella sua patria si è follemente innamorato di Flamminia, figlia di Pantalone De’ Bisognosi, ampiamente ricambiato. Ma il padre della giovane l’ha già promessa in sposa a Mario, figlio di Stramonia Lanternani, mercantessa di stoffe, anche se il timido Mario ama Silvia, giovane risoluta e determinata. Ecco il motivo della venuta di Lelio a Milano: ricondurre alla ragione Mario e la madre Stramonia o, alla peggio, sfidare il giovane a duello.
La notizia avrebbe dovuto rimanere nascosta, ma Arlecchino, servitore di Lelio, appena giunto in città la diffonde ad ogni anima viva incontrata. Per ridurlo al silenzio il suo padrone gli gioca un tranello: finge che un demonio sia imprigionato nel proprio anello e, se Arlecchino parlerà, il demonio glielo rivelerà ed il servitore sarà decapitato. Arlecchino decide dunque di chiudersi in un religioso silenzio, diventando muto… per spavento! Nonostante sia stato privato della parola, Arlecchino riesce ad innamorarsi della servetta di Pantalone, Violetta, a fare baruffa con Trappola, anche lui innamorato della giovinetta e a combinare un sacco di guai, il tutto mentre le due coppie di innamorati cercano una giusta risoluzione ai loro intrighi, ostacolati da Pantalone e da Stramonia.
Arlecchino muto per spavento è un grande omaggio all’abilità italiana del fare di necessità virtù. Venne rappresentato a Parigi, nel 1716, quando i Comici Italiani tornarono ad essere protagonisti del teatro parigino. Allora Luigi Riccoboni, in arte Lelio, si circondò dei migliori interpreti dello stivale tra cui, per la prima volta in Francia, l’Arlecchino vicentino Tommaso Visentini, che non parlava però la lingua francese, deficit imperdonabile per il pubblico della capitale. E fu così che emerse il genio di Riccoboni nell’inventare un canovaccio dove il servo era muto, per spavento.
Esili vicende, ambientate in un mondo surreale e fantastico, echi dello splendore teatrale italiano di tempi lontani che riescono ancora oggi a strappare un sorriso, a dar vita a una gioia senza peso e senza tempo.