Quindici anni fa, la società Immobiliare San Giobbe acquistò il civico 549 delle fondamenta di San Giobbe: un ex complesso industriale ottocentesco in stato di abbandono da decenni. Grazie a un progetto dello studio di architettura Luciano Parenti, la struttura fu trasformata in 41 appartamenti destinati alla ripopolamento della zona e per questo rivenduti a 5 mila euro al metro quadro.
Il complesso fu inaugurato nel 2006 alla presenza del vicesindaco di allora, Michele Vianello, che, con grande soddisfazione, applaudiva l’imprenditoria privata che “ha voluto dare le case ai veneziani”.
Sono bastati pochi anni: 17 dei 41 appartamenti, una volta acquistati, sono stati rivenduti o messi a reddito tramite siti e agenzie specializzate, con affitti che vanno da €120 a €270 a notte. I pochi veneziani rimasti a vivere in quella struttura si trovano quotidianamente ad avere a che fare con un andirivieni di persone sempre nuove con trolley a seguito. I pochi residenti hanno la sensazione di trovarsi in una hall di un albergo tra turisti e personale delle ditte di pulizia. Nulla ha potuto fare il regolamento condominiale che vieta chiaramente l’attività di affittacamere. Il caos di norme che regolano l’attività ricettiva non consente di arginare tale fenomeno.
I residenti sono esasperati e costretti a sopportare in silenzio perché non esistono regole che tutelino davvero la residenza.
Chi ha acquistato, confidando di aver trovato una zona tranquilla in cui vivere, ora vive in balia di questi affitti selvaggi. Siamo chiaramente di fronte all’ennesima sconfitta della residenzialità.
Fonte: il Gazzettino di Venezia del 23/05/2018 Pagina III