Della progeria, o sindrome dell’invecchiamento precoce, si parla poco. La malattia, causata da una mutazione genetica del nucleo della cellula, è talmente rara che sono registrati, nel mondo, solo 130 casi, 4 in Italia.
Se la conosciamo, magari superficialmente, il merito va al coraggio e all’energia di Sammy Basso, classe 1995, vicentino di Tezze sul Brenta e alla sua famiglia, mamma Laura e papà Amerigo, che si sono battuti strenuamente affinché la progeria uscisse dal limbo a cui sono confinate le malattie rare, per scoprire le cause della mutazione e portare avanti la ricerca scientifica, fino a qualche anno fa totalmente inesistente.
Ha l’energia di un leone Sammy, la vitalità e la simpatia di un cucciolo, la fragilità di una piccola bambola che, in video, sembra più grande e dal vivo si rannicchia sulla sedia.
Si nutre un po’ di timore nell’avvicinarlo per paura di disturbarlo, di essere invadenti, di non trovare le parole giuste. Il suo sorriso invece ti accoglie, nascosto da un velo di timidezza, che si apre poi alla disponibilità e alla gentilezza che lo contraddistingue.
Tra l’amore per il prosecco, il rapporto fra Scienza e Fede e i suoi amati marziani, questo è il resoconto della chiacchierata a tu per tu con Sammy Basso, presso la Cantina Le Manzane (San Pietro di Feletto, TV) di venerdì 14 dicembre, in occasione della presentazione del prosecco Docg ottenuto dalla “vendemmia solidale” dello scorso settembre.
Sammy, com’è stata la tua esperienza qui a Le Manzane? E più in generale, qual è il tuo rapporto con questa terra che ogni anno sa regalare storie e prodotti eccezionali?
La mia esperienza con l’azienda agricola Le Manzane è stata semplicemente straordinaria. Avevo conosciuto i proprietari poco prima e hanno recepito immediatamente quanto sia importante conoscere questa malattia e sostenere la ricerca: sono persone fantastiche, molto semplici e umili e ti entrano subito nel cuore. La vendemmia poi è stata perfetta nonostante io non fossi al top, mi ero fatto male, una lussazione all’anca e temevo di non poter partecipare; invece munito di stampelle e carrozzina e aiutato dalla mia famiglia, sono riuscito a dare il mio contributo, a viverla personalmente. Ci tenevo tantissimo ad esserci, non solo per la causa che mi vede in prima linea ma soprattutto per l’amore profondo che nutro per questi territori, culla del Prosecco, e più in generale per il Veneto, allargandomi, per l’Italia intera: un paese straordinario, ricco di storia, cultura, tradizione, arti e saperi di cui dobbiamo andare fieri.
Sono fierissimo di appartenere a questa Regione ed è straordinario che vi sia ancora l’interesse nel fare le cose come venivano realizzate una volta, secondo tradizione: si raccoglie l’uva, si sente la fatica, ma è un’occasione imprescindibile per stare assieme, si chiacchiera, si ride e si scherza. È fantastico!
Permettimi una domanda personale. Ho conosciuto la tua storia attraverso i media, ho ascoltato qualche tua intervista nel passato, ho brevemente studiato la tua malattia. Mi è venuto in mente il racconto di F. S. Fitzgerald, Il curioso caso di Benjamin Button, da cui è stato tratto un famoso film: lì il protagonista, sorprendentemente, sovvertiva le leggi della natura e dell’anatomia nascendo già vecchio e ringiovanendo nel corso degli anni, con il sistema nervoso che “seguiva” di pari passo l’organismo; qui invece, nel tuo caso, vi è una divisione, una dicotomia spiazzante fra mente e corpo, alla Dottor Jeckyll e Mr. Hide. Non ti sei mai ritrovato a parlare con il tuo corpo, arrivando quasi a “odiarlo” per questa sua incapacità di accogliere il tempo in maniera normale?
Beh, nel mio carattere devo dire che il Mr. Hide emerge parecchio, la mia parte malefica è sempre in agguato (ride). Questa è un’osservazione interessante perché prende in esame il punto centrale della progeria, la sostanziale divisione tra il sistema nervoso e il resto del corpo. In parole povere la progeria è causata da una mutazione del Gene chiamato LMNA. Questo gene produce la proteina Lamin-A, che costituisce il sostegno strutturale che unisce il nucleo di una cellula. Secondo i ricercatori, la mutazione genetica produce la progerina che, accumulandosi nel nucleo, produce l’invecchiamento: il nucleo è deformato, instabile, portando a un deperimento precoce dell’organismo, ma non del sistema nervoso.
Io ho ventitré anni, ragiono come un ragazzo di quell’età, ma lo stesso non può dirsi del mio corpo che sembra averne molti di più. Non posso quantificarli purtroppo perché ogni caso di progeria è diverso e non sembra esserci una correlazione precisa.
Sul lato personale, però, mi sento di dire che la mia vita è normale così. Sicuramente l’obiettivo è guarire perché, in caso contrario, non ci sarebbe ricerca, ma se guardo alla mia vita nel passato non la cambierei. Ho potuto fare delle esperienze, conoscere i miei amici, vivere determinate cose probabilmente proprio grazie alla malattia; senza di essa non le avrei certamente vissute e dunque non farei a cambio, non sarei io. Dopodiché ogni giorno ci si sveglia e si affrontano diversi problemi. Io cerco di concentrarmi sul positivo.
Qual è stata la tua esperienza negli Stati Uniti e quando è cominciata?
È fantastico perché ogni volta che vado all’estero trovo sempre qualcuno che, scherzando, mi dice: “Tu non sei italiano, sei di Vicenza!” (ride). E poi, tornando al discorso di prima, non perdo occasione di parlare del Veneto e di sottolineare la straordinarietà del territorio.
Negli Stati Uniti si può dire sia nata la ricerca sulla progeria che noi sovvenzioniamo con l’A.I.Pro.Sa.B. A Boston sono stato diversi anni fa per le prime terapie sperimentali sui pazienti affetti da questa malattia. L’équipe fu fondata anni fa dalla famiglia di un ragazzo affetto da progeria, mancato da qualche anno: con loro è nata una splendida amicizia. Farmaci ne prendo e, specialmente all’inizio, gli effetti collaterali erano molto pesanti.
Come agiscono questi farmaci? Qual è il loro obiettivo?
Agiscono a livello diverso. Alcuni tendono a non far accumulare la proteina dell’invecchiamento (progerina), altri agiscono sui sintomi, altri ancora cercano di far produrre meno proteina al gene incriminato (LMNA). È tutto un gioco di bilanciamento che mira a non far progredire questa malattia, l’ideale sarebbe bloccarla, il sogno farla regredire fino a scomparire. Si arriverebbe, in tal caso, ad agire sul DNA. Ci stiamo arrivando. La mia tesi di laurea si basava proprio sugli studi che si stanno compiendo in Spagna e i cui esiti fanno ben sperare.
Quando si parla di mutazione del DNA spesso si solleva un polverone, a livello etico e mediatico, è un tema controverso che a molti fa paura. Per uno scienziato è fondamentale ma noi non giochiamo a fare Dio, vogliamo cercare di far star meglio le persone.
Ho letto che tu sei molto credente. Ed è strano se consideriamo l’eterno e conflittuale rapporto tra Fede e Scienza. Cosa ti spinge a credere in Dio?
Sì, sono credente. La Fede mi ha sostenuto e mi sostiene nei momenti bui: sapere che c’è Qualcuno che ti guarda e ti sostiene ma che, attenzione, non ti evita le battaglie, ma ti dà la forza per affrontarle mettendo al tuo fianco tantissime persone, per me è fondamentale. Poi è qualcosa di più. La Fede non deve mai essere solo un’ancora, non si è credenti perché fa più comodo pensarla così o perché trasmette un po’ di tranquillità in più: credo perché sento, nel mio intimo, che c’è Qualcuno ed è un messaggio positivo applicabile in tutti i contesti anche per chi non è credente. Nella mia vita ci sono state molte esperienze che mi hanno fatto capire che la Fede è qualcosa di concreto.
Una provocazione: Marx diceva che “La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli”
Rischia di diventarlo, sì. Come scienziato mi sento di dire che la Scienza va sempre di pari passo con la Fede. Fede e Scienza, secondo me, rappresentano due binari che portano allo stesso obiettivo: Dio. La Scienza è necessaria a capire il mondo e a rendere la Fede più sincera, affinché non sfoci in superstizione.
Chiudo con una nota leggera: so che sei un grande appassionato della serie X-Files e che ti diverti a prendere in giro chi non conosce la malattia fingendo di essere un alieno. Cosa fa nel tempo libero Sammy Basso?
Tempo libero purtroppo ne ho molto poco ma mi piace fare festa, sono un festaiolo! Lo trascorro con i miei amici, scherzo un sacco e poi sì, sono un grande appassionato di X-Files e di tutti i telefilm sul genere alieni, marziani, invasione del pianeta Terra. E dopotutto, sono la dimostrazione lampante che i marziani esistono eccome!
La Redazione coglie l’occasione per farti i complimenti per la tua laurea in Scienze Naturali, 110 e lode all’Università di Padova.
Grazie, grazie mille! (sorride)
Gratitudine, ammirazione, stupore e al tempo stesso incredulità sono le sensazioni che popolano l’animo di coloro che hanno la fortuna di incontrare questo ragazzo: spiazza la sua voglia di vivere, l’entusiasmo con cui affronta lo scorrere del tempo, la brillantezza del suo pensiero, non scalfito dal progressivo invecchiamento del suo corpo. È nel fiore degli anni Sammy Basso e attuale è il messaggio che raccogliamo: apprezzare la vita per quello che ti regala e lottare per migliorarla, pur partendo con qualche svantaggio in più e la strada meno spianata; lasciar perdere le stupidaggini e pensare che, a ben guardare, siamo fortunati.
Per informazioni rivolgersi presso il nuovo Wine Shop “PaperCigno” di Via Maset, 47/B a S. Pietro di Feletto (TV), chiamare lo 0438/486606 o scrivere a [email protected].
Una parte del ricavato andrà a favore dell’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso, l’A.I.Pro.Sa.B.