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Profughi

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Il nostro lettore Dario Dessì ha condiviso con noi alcune note sulla storia di Mogliano Veneto del 1918 e sui tragici eventi della Grande Guerra, riportati alla luce dopo circa vent’anni di ricerche

 
Profughi.
Tale è la particolare condizione in cui vengono a trovarsi gli esseri umani, costretti ad abbandonare la propria casa e a cercare rifugio altrove, in seguito a sconvolgimenti di varia natura, tra i quali gli eventi bellici.
Da non troppo tempo, alcuni organismi internazionali hanno iniziato a provvedere alla  provvisoria sistemazione, alla protezione legale e alla definizione di uno status particolare. Nessuna forma di accordo o convenzione era ancora invalsa, però, nell’autunno del 1917, quando quasi 230.000 profughi, in prevalenza vecchi, donne e bambini, provenienti da oltre 320 comuni invasi da soldati tedeschi, austriaci, ungheresi e balcanici, dovettero emigrare dappertutto in Italia, dalla Sicilia alla Val d’Aosta compresa. Le provincie di Udine e Belluno erano state completamente invase, la provincia di Treviso per metà territorio, la provincia di Venezia solo parzialmente.
 
Il periodo dell’occupazione nemica segnò un’era di passione e di martirio per tutta la popolazione friulana. Strappati dalla loro piccola patria diletta, dalle consuete occupazioni, dalle dolci cure, dalla pace dei domestici focolari, per venir sbattuti in paesi lontani,  fra gente sconosciuta, spesso incapace di comprendere e confortare il loro immenso dolore, i profughi conobbero tutti i disagi morali e materiali, tutte le amarezze e l‘accorata tristezza dell’esilio, mentre i pochi, forzatamente rimasti nella terra invasa, si videro costretti a subire il contatto, le vessazioni e le violenze dell’odiato nemico.                                      
 

Da Ricordi dell’invasione nemica in Friuli di M. De a Fondée.

 
 
Particolarmente espressive sono queste strofe che furono scritte e musicate nel mese di dicembre del 1917: la canzone del Profugo.
 

Da quando irruppero/Le inaspettate/Orde barbariche/
Tanto spietate. /Lasciammo al Friuli/I casolari
Eppure, hai!  Miseri/I vecchi cari./
E il duolo e il pianto/Ci stringe il cor!
Voi del Tricesimo/opime viti/e colli fertili/a noi rapiti/
I figli d’Attila e il Croato/Barbaro insultano/ O suolo amato/
E il duolo e il pianto /Ci stringe il cor!

 
La popolazione fu costretta a vivere fra terrori, umiliazioni, angherie e soprusi veramente atroci; eppure in mezzo a tanta angoscia e a tante sofferenze mai venne meno in essa il sentimento dell’italianità.
Se vi furono i casi di condiscendenza o di connivenza con l‘invasore, questi si spiegano con l’opera deleteria di sobillazione intensamente esercitata dalla subdola politica austriaca, intesa a contrapporre i contadini agli abitanti della città, la feccia della popolazione urbana alle persone più educate e più colte, creando un certo movimento leninista alimentato dai prigionieri russi al seguito degli eserciti occupanti”.  
 

Da Le condizioni di Udine e del Friuli dopo la liberazione di D. Pecile.

 
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Foto proveniente dal libro Die andere Front di Anton Holzer.

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