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Pochi giorni prima della Battaglia del Solstizio sul fiume Piave

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Il nostro lettore Dario Dessì ha condiviso con noi alcune note sulla storia di Mogliano Veneto del 1918 e sui tragici eventi della Grande Guerra, riportati alla luce dopo circa vent’anni di ricerche

 
Siamo a pochi giorni dalla Battaglia del Solstizio sul fiume Piave.
Quella sera, una della prime del giugno 1918, gli ufficiali della sezione informazioni del Comando della 3° Armata erano quasi tutti riuniti nella grande sala terrena della villa Favier a Mogliano Veneto.
 
C’erano per lo meno tutti i capi reparto: la situazione truppe, le artiglierie, le fotografie, l’aviazione. I C.R.I.T.O.  (Centro raccolta informazioni truppe operanti); c’era anche l’ufficiale di collegamento del comando di artiglieria d’armata.
 
La vasta sala era quasi buia, le alte vetrate tremavano continuamente: fuoco antiaereo; aeroplani nemici su Mestre e su Treviso: il solito.
 
Seduti sulle poltrone gli ufficiali facevano circolo al tavolino del Caposezione, illuminato da due batterie di quattro candele, ciascuna  infissa su due assicelle.
 
Avvolto in una nuvola di fumo di sigarette, il colonnello Ercole Smaniotto, colla sua voce bassa e dolce, diceva: Dunque, signori, riassumiamo… le affermazioni dell’aviatore catturato, secondo loro, sono attendibili?
 
È possibile cioè ed è anche attendibile che siamo alla vigilia di un’offensiva nemica in grande stile? So bene che la situazione generale conforta questa ipotesi, ma diffido appunto di queste impressioni generiche che possono influenzare il nostro giudizio; noi dobbiamo giudicare soltanto su fatti concreti.
 
Epperò, io prego loro di riassumere i fatti, e soltanto i fatti, raccolti nelle loro osservazioni e che confortano la loro comune opinione; perché è sui fatti soltanto che noi possiamo utilmente discutere ed è su questi che io stesso  potrò basarmi alla riunione di sabato, al Comando Supremo.
 
Dunque,  sentiamo un po’ lei, situazione truppe.  
 
C’è poco da dire, signor colonnello, da cinque giorni a questa parte non abbiamo né un disertore, né un prigioniero; ci sono settori dei quali non abbiamo notizie da oltre un trimestre: con quel benedetto fiume di mezzo, non ci si raccapezza più!
 
Però i settori delle grandi unità sembrano essere rimasti gli stessi: abbiamo sempre la 33° e la 58° alle Grave, le due Honved sopra Ponte di Piave, la 14° e la 9° C, la 10° e la 12° a S: Donà; la 1° C  a Caposile; ne portiamo tre in rincalzo e cinque, di cui una incerta, in riserva lontana: cioè, sempre quattordici o quindici divisioni…
 
Insomma, né  concentramenti, né rarefazioni notevoli: di qui c’è poco da ricavare.
 
Sentiamo le artiglierie… Eh! Qui, signor  colonnello, i sintomi sono parecchi.
 
L’attività delle artiglierie nemiche è stata certamente superiore a quella del mese d’aprile: nelle settimane di chiara visibilità, sono strati raggiunti e oltrepassati i duemila colpi giornalieri sul fronte dell’armata. Inoltre, molti tiri avevano carattere di aggiustamenti, e parecchi di controbatteria, specialmente quando le nostre batterie effettuavano tiro di disturbo sui centri di rifornimento avversari.
 
Si è notata la costruzione di numerosissime postazioni di ricambio, parecchie delle quali si sono anche rivelate attive: non si può dire che tutte le nuove postazioni siano occupate, ma potrebbero anche esserlo.
 
Nel mese scorso, per la prima volta dallo schieramento sul Piave si sono avuti tiri di grosso calibro in vari settori, quasi tutti con carattere d’aggiustamento: il nemico ha impiegato la maggior cura a mascherare queste nuove postazioni di grosso calibro e a difenderne gli approcci con crociere di cacciatori…
 
Riassumendo, a quanto fa ascendere lei le forze d’artiglieria avversaria? Potrebbero superare le 1800 bocche da fuoco. È una bella cifra!
 
È quella che daremo  nella situazione del giorno 13  ed è strettamente calcolata.
 
Che  cosa dicono le fotografie?
 
Poco o nulla, signor  colonnello. Il tempo pessimo non ha permesso che pochissime battute.
 
Segnalo soltanto il materiale da ponte e da traghetto a San Stino di Livenza, visibilissimo in alcune fotografie e che corrisponde all’affermazione dei disertori del mese scorso: che si effettuavano frequenti esercizi di traghetto sulla Livenza, specialmente nella regione della anse, dove il corso di quel fiume ha maggiore somiglianza col corso del Piave; sembra vi partecipassero interi battaglioni A.U. di rincalzo. Aggiungerò che, nelle ultime settimane, si è notata la costruzione di parecchi ponti, ponticelli e passerelle sulla Livenza e sul Monticano.
 
Anche  sul ramo orientale del Piave, alle Grave il numero delle passerelle apparve aumentato, ed alcune passerelle sono venute trasformandosi in veri e propri ponti.
 
Sul Piave Nuovo, a valle delle Porte del Taglio, i ponti e le passerelle preesistenti sono accuratamente tenuti in efficienza, e due nuovi ponti vi si sono aggiunti nei due ultimi mesi. Si nota poi dovunque una più accurata manutenzione delle vie d’accesso ai passaggi fluviali sulla sponda sinistra. Sta bene.
 
E adesso, sentiamo un po’ l’aviazione… L’attività degli aeroplani da ricognizione nemici è andata sempre  crescendo: nella seconda quindicina di maggio essa è stata addirittura  intensissima. Generalmente, l’attività si è limitata alle nostre prime e seconde linee; tuttavia, nel settore nord, si sono avute parecchie crociere fin sopra Treviso e, nel settore sud, fin sopra Musestre. I grafici dei voli indicano due fasci densissimi di crociere, si può  dire, quotidiane: uno tra i ponti della Priula e Ponte di Piave; l’altro tra Ponte di Piave e San Donà. Tutti i campi d’aviazione avversari preesistenti sono in piena efficienza; due, che sino a poco tempo fa apparivano sgombri, sono stati occupati. Le forze d’aviazione nemiche sono dunque certamente aumentate: ciò che è confermato, d’altra parte, dai frequenti e densi sbarramenti di cacciatori A.U. nei quali vanno scontrandosi i nostri apparecchi da ricognizione…
 
Mentre  ciascuno dei suoi ufficiali parlava, il colonnello Smaniotto continuava a coprire di appunti e di cifre il suo minuscolo block di note. L’ufficiale dei C.R.I.T.O. non aveva gran cosa da dire. Il contegno del nemico, per quel che se ne poteva vedere dalle nostre linee, appariva normale: nessun tentativo di traghetto, nessun colpo di mano, nessuna attività di pattuglie; solito lancio di manifestini di propaganda; scarsa attività di fucileria; le mitragliatrici quasi silenziose.  A parecchie riprese si erano uditi nella notte, i vari settori, rumori di trattrici indizio sicuro di traini pesanti in prossimità delle linee.
 
Il C.R.I.T.O. di un settore del Piave vecchio aveva segnalato l’osservazione di lavori di sterro e di mascheramento assai sospetti sull’argine di riva sinistra; ma non si era potuto assodare con precisione la natura di tali lavori.
 
L’ufficiale di collegamento del Comando d’artiglieria segnalava, dal canto suo il prolungamento di parecchie decauville nemiche sino in vicinanza dell’argine; l’aumento molto notevole dei depositi di munizioni avversarie: alcuni di questi, perfettamente individuati dalle nostre batterie, erano stati colpiti ed erano scoppiati. Due di tali esplosioni  osservate dai nostri palloni, avevano rilevato dense nubi di fumo giallo – verdognolo o violaceo: indizio certo di scoppio di proiettili a gas e conferma della deposizione di un disertore del mese precedente, il quale aveva assicurato che le batterie A.U. venivano alacremente provviste di una abbondante dotazione di proietti a liquidi speciale, croce gialla e croce azzurra.
 
…Così, in una delle prime sere di giugno del  1918 si imbastivano, in base agli indizi minuziosamente raccolti alla sezione informazioni del Comando della 3° Armata, le caratteristiche di quella formidabile offensiva che, pochi giorni dopo, l’esercito austro ungarico doveva sferrare su 120 chilometri di fronte, dall’Astico al mare.
 
Ma  gli ufficiali che, finita la riunione, uscivano quella note dal recinto della villa Favier, non erano animati dalla consueta sana allegria.
 
Andavano in gruppo dietro l’alta figura del colonnello, parlando a mezza voce: cessata l’escursione aerea nemica, la notte si era rifatta calma e silenziosa nella gran luce lunare. E, a ciascuno pareva che gravasse sull’anima la certezza dell’imminente offensiva, dell’urto terribile che sarebbe venuto di laggiù, dal Piave, e contro il quale non si sapeva, non si poteva prevedere quale sarebbe stata la reazione delle nostre truppe… L’ombra di Caporetto pesava ancora, incubo minaccioso, su tutti i cuori”.
 

Tratto da La Battaglia del Piave di Corrado Zoli, Capitano d’Artiglieria

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