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PFAS: ecco come provocano ipertensione arteriosa

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Il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Gian Paolo Rossi del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova ha fornito la prima prova che un contaminante ambientale può causare ipertensione arteriosa.

PADOVA – La pesante contaminazione da PFAS, che ha interessato l’Area Rossa della provincia di Vicenza, ha determinato un aumento della prevalenza dell’ipertensione arteriosa e, conseguentemente, del rischio cardiovascolare. Tuttavia, i meccanismi alla base di tale aspetto erano completamente sconosciuti.

Il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Gian Paolo Rossi del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova coordinato dalla dott.ssa Brasilina Caroccia, vincitrice di un progetto STARS, attraverso una lunga serie di studi in vitro ha dimostrato che i due PFAS – PFOA e PFOS – rilevati nel sangue dei soggetti che vivono nell’Area Rossa determinano un aumento marcato della sintesi e produzione di aldosterone, il principale ormone che aumenta la pressione arteriosa.

La ricerca Aldosterone Biosynthesis Is Potently Stimulated by Perfluoroalkyl Acids: A Link between Common Environmental Pollutants and Arterial Hypertension pubblicata su «International Journal of Molecular Science», cui hanno contribuito anche la dr.ssa Giorgia Pallafacchina e il laboratorio del Prof. Rosario Rizzuto, ha destato ampia eco internazionale, perché ha fornito la prima prova che un contaminante ambientale può causare ipertensione arteriosa.

«I nostri studi hanno dimostrato che l’effetto dei PFAS è legato alle loro proprietà ossidanti che determinano un aumento dei radicali liberi dell’ossigeno nelle cellule di cortico – surrene umano spiega il prof. Gian Paolo Rossi -. Attraverso tecniche innovative di analisi subcellulare, siamo anche riusciti a capire che l’aumento dei radicali liberi avviene nei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, che sono anche gli organelli cellulari responsabili della produzione di aldosterone.»

Come è noto, i PFAS sono ampiamente diffusi per cui siamo quotidianamente esposti ai loro effetti nocivi. La loro produzione è stata bandita negli USA, ma è tuttora ammessa in Europa.

credits foto Università di Padova

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