“Pronto Mogliano, anche qui abbiamo un problema”. Una telefonata da una parte del mondo all’altra, con 8 ore e due stagioni climatiche di differenza, è sempre un’emozione anche se ora siamo abituati a qualsiasi collegamento, anche extraterrestre. Ma, da una quarantena all’altra, questa è la differenza che stranamente unisce più di qualsiasi video in diretta.
“Oggi è un anno – scrive Roberto – 365 giorni sono passati da quando ho lasciato la piazza del mio paese in Italia… e voglio cominciare quest’articolo con un gesto, un abbraccio a distanza… perché ad oggi mi trovo in Australia, ho finito la quarantena e ora posso muovermi un po’, sempre con accortezza, all’interno della provincia in cui già mi trovavo quando anche l’Australia ha deciso di impedire gli spostamenti delle persone, prima tra stati, poi tra regioni e ora anche tra province, per arrestare il diffondersi del virus.
In questo momento, quindi, non posso muovermi, né tanto meno continuare verso la meta naturale di quello che era il mio progetto, il Sudamerica, zona categoricamente chiusa e che per ora comunque non assicura misure e situazioni sufficienti a garantirmi la salute e una minima sicurezza.
In questo momento ripenso a tutti i gesti e non solo di aiuto, condivisione e supporto, che ho avuto il piacere, e per certi versi l’onore, di ricevere in questo anno. Anno in cui ho attraversato l’est e il nord Europa fino a toccare Capo Nord, imparando quanto questa regione sia piena di singole realtà, modi di vedere e di vivere, apparenti incongruenze e diversità che, mi piace pensare, possano in ogni piccola sfaccettatura diventare un ricchezza comune. Ho poi affrontato i confini e gli sguardi rigidi delle regioni russe, venendo perentoriamente sconfessato e felicemente sorpreso da quanto di umano ci sia sotto, anche solo apprezzando la volontà nello sforzandosi di parlare un inglese improbabile, ma segno del desiderio di aprirsi al mondo intero che tanto diverso non è (non so se sia male o bene).
Ho condiviso e incontrato viaggiatori con i quali ho trovato subito sintonia, ho incontrato viaggiatori con i quali ho faticato a trovare una linea di pensiero comune, ma non ho mai smesso di ascoltare cosa avessero da raccontare. In un attimo mi sono ritrovato nel fantastico mondo degli “stan”, Kazakistan, Tajkistan, ecc… dove le strade diventano lingue di terra e rocce immerse in paesaggi quali gli interminabili deserti che dalla Russia del sud attraversano impudenti i confini di Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan fino all’Iran, senza permesso alcuno, sempre immerso tra profumi di spezie e la polvere negli occhi… e ancora guidare e provare la sensazione di farlo tra le nuvole degli altopiani Tagichi, respirando atmosfere e vivendo genti che mi hanno riportato alla mente stralci di libri scritti da chi ha saputo sognare e far sognare i profumi, le emozioni e le sensazioni di leggerezza che questi angoli d’Asia regalano ogni giorno.
Mai mi sono fatto mancare il piacere di condividere il mio tempo con le persone di questi luoghi, facendole mie… imparando lezioni di umanità che sento hanno caratterizzato, e continueranno a farlo, tutto il mio percorso. I mesi passano veloci, troppo a volte, mi domando, oltre alle solite semplicistiche frasi fatte, che significato possa avere… non lo so, ma questo mi stimola ancor più a pensare che non esista un momento più o meno importante nella vita come nell’esperienza che oggi ho la caparbietà di vivere e che devo impegnarmi a dare il massimo valore ad ogni singolo di questi momenti… non fermerà il tempo, ma darà un senso a questo.
Con questo spirito risalgo a nord fino al leggendario lago Baikal, attraverso il confine mongolo e mi perdo nel deserto dei Gobi, provo la sensazione di stare (mai essere) solo… in una terra impregnata di odori forti, un misto di capra, legno, sterco essiccato e pelli scolpite dal sole, dal vento freddo che trasuda di usanze e necessità ancestrali. Ne esco quasi scioccato, un pugno in pieno stomaco sferratomi da persone che vedono la vita come una continua sfida agli elementi e che hanno, e te lo fanno capire forte, l’umiltà di ringraziare per questo ogni giorno. Non riesco più a capire se il mondo sotto i miei pneumatici stia cambiando o no, vedo differenze ovunque, ma appena chiudo gli occhi quasi inconsciamente sento un filo che unisce, nelle gesta a volte e nelle intenzioni altre, sicuramente nello spirito, tutto quello che mi sta fuori e che spinge per entrare a far parte di me.
Così è la parte che segue nella rigida Siberia, dove le temperature crollano e mi ritrovo a guidare per quasi 5000 chilometri su ghiaccio e neve, dove trovo colonne di camion intenti a portare merci da e verso l’est della Russia… sfrecciando sul ghiaccio nelle discese e spesso impiegando intere giornate a spalare ghiaia sotto le ruote per riuscire ad avanzare sulle salite. Mi sono trovato spesso la sera nelle radure immerse nelle foreste, tutti attorno ad un fuoco, senza capirci con la lingua ma vicini, col respiro che ti si ghiaccia sulla bocca, una bottiglia di vodka senza etichetta… e rifletto sul fatto che per queste persone, quella serata non sarà una serata da raccontare come sto facendo io, sarà un’altra serata come molte altre …chi ha dato cosa… un attimo del proprio tempo…
Non ci si ferma, Vladivostok, imbarco la macchina per conquistare il mito fatto di terre rosse che nella mia immaginazione è l’Australia, sfruttando i lunghi tempi di trasporto per visitare il Giappone. In Australia mi scontro con una burocrazia e tempi di sdoganamento e quarantena per il camietto, che hanno messo a dura prova la mia sanità mentale, ma dopo Natale e Capodanno passati in un ostello finalmente mi riconsegnano l’auto, riparo subito alcuni danni dovuti penso al trasporto e sono pronto per affrontare le terre d’Australia”.
In realtà l’Australia ha rappresentato per Roberto Maschietto subito i problemi della quarantena per la sua Land Rover, il camietto, mentre le foreste bruciavano. Ma mentre il fuoco delle foreste in estate è una situazione conosciuta che si ripete spesso, la pandemia ha sconvolto, come in tutto il mondo, la vita della gente.
“Oggi sono bloccato in una regione del sud-est Australia per la pandemia da COVID-19 scoppiata durante il mio viaggio. Ho dovuto isolarmi in quarantena vivendo per 14 giorni nel camietto, con controlli giornalieri della Polizia e senza aver la possibilità di lasciare il campo dove mi hanno parcheggiato, neanche per procurarmi il cibo. Ma anche qui, come spesso mi è capitato in questo anno, la sorte mi ha fatto incontrare persone stupende che, seppur anch’esse in una situazione di difficoltà, mi hanno aiuto portandomi da mangiare, trovando il modo ogni giorno di alleviare questa situazione comune a molte persone in Italia e regalandomi sempre un sorriso… potrebbe sembrare poco, ma quando sei dall’altra parte del mondo, con un nemico invisibile che non conosce frontiere, un sorriso è un gesto che ti regala quel poco di serenità di cui hai bisogno per saltare l’ostacolo. Sono sicuro che tutto questo avrà una fine e ho la presunzione di pensare che avrà un senso o per lo meno sta a tutti noi far sì che lo abbia. È vero, la pazienza di aspettare non è una prerogativa dei tempi nostri, ma cercare di capire gli sforzi che ci vengono chiesti senza cercare sempre una scusa per far prevalere l’io sul noi penso sia un dovere, smetterla di pensare che la via giusta sia sempre l’altra. Questo è il significato di Roads on the Way, letteralmente Strade sulla via, qualsiasi sia la strada che decidiamo di percorrere (decidere è scegliere e scegliere ha un prezzo, sia solo la rinuncia all’altra strada) sarà sempre una strada che alla fine ci porterà sulla via della nostra vita, oggi più che mai scopriamo che le libertà, o se vogliamo “la libertà” non è un qualcosa di dovuto, penso sia una mera illusione credere questo. Perseguire questo stato di libertà costa impegno e scelte, tutto il resto è l’illusione della stessa. Dopo questo sproloquio metafisico dovuto a mancanza di ossigeno da reclusione in ambiente fortemente claustrofobico, posso salutarvi con l’augurio che tutto si risolva presto e con la speranza che alla fine il durissimo prezzo che stiamo pagando non venga dimenticato, nascosto dal muro di inutili accuse, banalità e falsità che perentoriamente nasceranno ad impegnarci la ragione”, conclude Roberto.
Silvia Moscati