La sensazione di camminare sulle sabbie mobili, su un terreno debole e privo della capacità di sostenere pesi è oramai un dato di fatto.
La sentiamo, la avvertiamo in quanto animali evoluti e provvisti di quel sesto senso che ci intima il pericolo.
Le nostre antenne ancestrali sono perennemente tese e continuano a sussurrarci all’orecchio che non possiamo andare avanti così; non possiamo e dobbiamo restare inermi verso tutte le forme di fragilità umana che porta al desiderare la “non vita”, per effetto di malattie, di estreme solitudini, violenze fisiche o psicologiche, ferite sociali o drammi di natura globale.
L’intero pianeta sussurra e vive quell’inadeguatezza che conduce ad essere un grido di dolore accolto solo da chi ha l’animo predisposto ed è in perenne ascolto.
Leggiamo quasi quotidianamente come la fragilità conduca a scelte estreme, risolutive e che lasciano senza parole, con perché insoluti ai quali non sappiamo dare risposte.
Questo processo deve essere controvertito e rivisto perché l’uomo è un essere che ha la capacità di andare oltre, ha la concreta forza di voler costruire con dinamismo una nuova società che fonda i suoi valori su terreni solidi, nella speranza di non essere lasciato solo.
La lettura dell’imminente Giornata per la Vita deve, a mio modo di sentire, risvegliare quel desiderio di miglioramento che porta a vedere quel cambiamento possibile al quale ogni creatura si aggrappa per non superare quel limite, affinchè a nessuno venga rubato il futuro.
Elena Rossini