Musicologo e Ufficio Stampa del Teatro La Fenice, Pietro Tessarin sta promuovendo in questi giorni il suo libro Il mito e il sacro in Richard Wagner, pubblicato da Zecchini Editore. Un saggio che ha il pregio di essere scritto in un italiano raffinato, senza tuttavia risultare faticosa alla lettura.
Per darvi un assaggio della cultura dell’autore e di cosa potete trovare tra le pagine del suo libro, riportiamo una breve intervista che vi farà apprezzare il valore di quest’opera.
• Ieri si è tenuta la presentazione del tuo libro alla Feltrinelli di Mestre. Che atmosfera hai respirato e come hai percepito la partecipazione del pubblico presente?
Sicuramente il mio pubblico non è vasto, è un pubblico selezionato e innovativo da un certo punto di vista o comunque si limita a coloro che bene o male conoscono alla lontana Wagner e Girard al quale il libro è dedicato, assieme a Venezia, città wagneriana.
Sono comunque certo di poter dire che i presenti di ieri sera abbiano avvertito una bella energia. Mi ha fatto piacere trovare tra di loro alcuni miei conoscenti curiosi di vedermi alle prese con questa nuova avventura, perché sono abituati a vedermi in un’altra veste e ti confido che non sapevano neanche loro che, in modo sotterraneo, stessi scrivendo questo libro.
Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto, si è proposto di presentare quest’opera e ha fatto una gradevole esposizione, coinvolgendo il pubblico a riflettere su alcune domande che ci chiediamo un po’ tutti i giorni. Per esempio: come mai certe trasmissioni televisive tipo Masterchef e X-Factor sono molto seguite? Perché certa musica ci coinvolge molto e altra no? Perché quando andiamo a concerti e sperimentiamo quell’energia di essere tutti in trepidante attesa dell’arrivo del cantante o del dj, e sentiamo la pelle d’oca? Perché quando andiamo a vedere un film, appena usciti dal cinema, ci capita di sentirci un po’ diversi per un paio di minuti? Ecco… tutte queste domande trovano risposta nel mio libro.
• Puoi portarci dentro alle pagine del tuo libro?
Beh, si tratta di alcune suggestioni che io ho capito attraverso una teoria elaborata da un intellettuale francese René Girard, scomparso nel 2015, che è stato soprannominato “il filosofo della violenza e del sangue”. Questa teoria analizza i miti dell’umanità, in particolare quelli della cultura occidentale marcando la differenza tra di essi e quello che successe dopo la crocifissione di Cristo. Provo a spiegarmi meglio: ogni narrazione scritta dall’uomo era una spiegazione a cui l’uomo trovava risposta in merito a ciò che gli accadeva attorno. Per cui non c’è niente di letterario, ma sono delle cronache, dei fatti, che ci sono stati tramandati seppur con delle gioise e brillanti fantasie attraverso gli abissi del tempo. Girard li ha spogliati dei connotati fiabeschi e vi ha trovato delle costanti. Una è quella del capro espiatorio, perché se ci riflettiamo in tutti i miti c’è del sangue e qualcuno che viene ucciso.
Pensiamo anche alla tragedia di Sofocle l’Edipo re, che è il più grande romanzo poliziesco che sia mai stato scritto. Nella società descritta nel libro, vi erano infatti delle crisi politiche ed economiche che hanno portato a trovare un capro espiatorio sul quale convogliare tutto il male emerso all’interno di una comunità di individui. Pensiamo anche ai giorni nostri… è la stessa cosa. C’è una crisi oggi di politica, di economia, di ideali, e ogni giorno che passa c’è sempre un capro espiatorio sul quale scaricare la colpa.
Una volta questo succedeva spesso e l’uomo se lo spiegava attraverso i miti, nei quali c’era sempre la soluzione ed era uccidere una persona. In questo modo si riusciva a ristabilire l’ordine. Una volta calmati gli animi, questa persona che era additata come causa della crisi, ora viene a essere santificata, in quanto aveva portato la pace nella comunità. Da qui nasce il concetto di Divinità. Un Dio, infatti per esiste deve morire mentre un uomo per esistere deve vivere. Il discorso cambia con la nascita di Cristo: l’ottica del tutti contro uno viene ad essere ribaltata attraverso il suo sacrificio con l’uno contro tutti. Sono i Vangeli e la Bibbia stessa a dircelo, denunciando quell’antica violenza.
• E Wagner?
E Wagner capisce tutto questo e non a caso riprende l’antica sapienza del mito per il quale tutti accorrevano a Teatro (in ogni città ce n’era uno) innestandolo però del sacrificio di redenzione cristiano. Non è un caso, poi, che il suo Teatro, quello di Bayreuth, fosse stato concepito esattamente come gli antichi teatri greci.
• Parliamo un po’ di te. Sei musicologo e ti occupi dell’Ufficio Stampa del Teatro La Fenice. Qual è stato il tuo percorso personale e di studi, che sicuramente ti è stato fondamentale per scrivere un tale saggio?
Io sono nato ad Adria, in provincia di Rovigo, e lì ho frequentato il liceo classico, che ringrazio ancora oggi per la formazione che mi ha dato. Da lì mi sono trasferito a Bologna, dove ho conseguito l’allora laurea in Pedagogia a indirizzo musicale e ho seguito diverse lezioni del grande Umberto Eco. Dopo essermi laureato con una tesi sull’educazione musicale in Italia, sono arrivato qui a Venezia, dove ho fatto uno stage al Teatro La Fenice e dove oggi sono tutt’ora impiegato. Non contento della mia laurea in Pedagogia, mi sono iscritto a Musicologia, che è quello che volevo fare da sempre.
Questa volta la mia tesi specialistica ha approfondito Wagner e le implicazioni antropologiche della sua ricerca, che sono poi sbocciate in questo libro.
• Quanto ti è costato, in termini di impegno e tempo, scrivere questo libro?
Sai, lavorando, non è che si abbia tanto tempo. Ho scritto di sera, di notte e nei weekend. Diciamo che ho impiegato sei anni di ricerche, incontri, approfondimenti. Io lo dico sempre, quando c’è la passione si fa tutto.
• C’è qualche altra pubblicazione in serbo per il futuro?
No, al momento ci sono diverse presentazioni di libri che mi stanno chiedendo di fare. Però devo conciliarle col mio lavoro, che è poi la mia passione. Ma non ho altri libri in cantiere.
• Una domanda di rito: qual è l’opera di Wagner che più ti sta a cuore, se ce n’è una?
A me piace dire che non ci sono delle opere o delle canzoni, delle musiche o dei brani preferiti. Ci sono delle cose, però, che sono ricorrenti. Nel mio caso mi capita di ascoltare in modo ricorrente L’anello del nibelungo e il Tristano e Isotta.
Sintetizzare in questa breve intervista i molti e interessanti argomenti di natura musicale e filosofica affrontati dall’autore è alquanto impossibile.
Per chi ci tenesse a incontrare personalmente l’autore, una nuova presentazione del libro è in programma per il prossimo martedì 12 marzo alle 18.00 all’Ateneo Veneto. Interverranno lo scrittore Giovanni Montanaro, il prof. Carmelo Alberti e un esponente dell’Università Internazionale dell’Arte di Venezia.