È un arbitro di pallavolo e ieri ha dato le dimissioni dalla FIPAV, annunciandole con un lungo post su Facebook e chiamando in causa anche Paola Egonu.
La sua unica colpa? Essere “grassa”, o meglio, aver superato i valori previsti di BMI e circonferenza addominale che hanno portato a una penalizzazione di 3 punti nell’ambito del punteggio Dirigenti di Settore e l’esonero dall’impiego fino al raggiungimento dei valori previsti.
Una penalizzazione che comporterà, come spiega la stessa Martina Scavelli, a passare a fine stagione dalla serie B al campionato regionale, facendo un enorme passo indietro.
“Parametri fuori norma, certo, ma di poco – scrive nel lungo post che potete leggere integralmente qui sotto. – Un poco che non scalfisce la qualità del mio servizio. Come se tre dita in più sul mio girovita potessero mettere a rischio una partita di pallavolo che, tra l’altro, non prevede che l’arbitro corra per il campo come succede nel calcio”.
Ma c’è un concetto che dovrebbe far pensare tutti, FIPAV in primis: “Basta a delle regole che non sempre vengono fatte valere erga omnes, basta alle vedute ristrette. Basta a un sistema che non si interroga se quei chili in più nascano da problemi di salute o periodi particolari della propria vita. Basta a chi si basa sui numeri e sotterra le emozioni. La salute mentale, l’integrità di un individuo, la passione e il sacrificio di un essere umano valgono molto di più di qualche centimetro di troppo! Da oggi inizia la mia battaglia per superare la discriminazione imposta da certe norme. Aiutatemi a fare la sentire la mia voce perché non è solo la mia voce”.
Sotto il suo post, un fiume di solidarietà, ma c’è anche chi ricorda come “La Federazione Italiana Pallavolo (FIPAV), facente parte del Comitato Olimpico Nazionale (CONI), sposa il principio di Salute come enunciato dall’OMS, ovvero non come semplice assenza di malattia ma come stato di completo benessere psichico, fisico e sociale. A fronte di ciò ritiene che gli Ufficiali di Gara di Categoria Nazionale anche se sottoposti a prestazioni fisiche a bassa intensità non solo debbano presentare, in linea con le recenti direttive ministeriali, il certificato di attività sportiva NON agonistica, ma debbano anche rientrare in alcuni parametri antropometrici, in particolare l’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI) e la Circonferenza Addominale (CA) e di pressione arteriosa. I valori limite previsti sono di 30 per il BMI, 102 e 88 cm di circonferenza addominale rispettivamente per gli uomini e le donne e 140/90 mm Hg per quelli pressori. Il rispetto dei suddetti valori è peraltro stato adottato anche dalla Federazione Internazionale di Pallavolo (FIVB)”.
E se queste indicazioni sono un modo per veicolare un corretto messaggio salutistico, è anche vero che bisognerebbe ragionarci un po’ su. Un arbitro di pallavolo non corre, come succede nel basket, nel calcio, nel rugby. Se ne sta “appollaiato” nell’apposito seggiolone posto a un’estremità della rete se è primo arbitro. Se è secondo arbitro, sta in piedi in prossimità del palo della rete più vicino al tavolo del segnapunti. Durante la gara si sposta da una parte all’altra del palo per riuscire a controllare meglio il corretto svolgimento dell’azione. Poi ci sono i giudici di linea.
Insomma, se proprio vogliamo un modello salutistico per tutti, dovremmo cominciare dai giocatori che si accendono la sigaretta alla fine della partita (visti dalla sottoscritta) e altre amenità simili.
E magari comprendere che l’obesità è un problema, qualche centimetro di troppo, dovuto agli ormoni (siamo donne), lo stress, un dispiacere o semplicemente un panino in più, no.
Senza contare che un modello un po’ in carne porta un messaggio positivo a tutte le giovani donne bombardate ogni giorno da parametri fisici spesso surreali.
Ma soprattutto, il peso non può essere un paramentro lavorativo, qualunque esso sia. E se vale per gli arbitri di pallavolo, allora dovrebbe valere per tutti.
O no?!
Il post integrale dell’ex arbitro Martina Scavelli:
credits foto FIPAV