Riceviamo e pubblichiamo un nuovo intervento a firma di Luigi Giovannini sulla guerra in corso tra Russia e Ucraina
È indubbio che esiste un aggressore e un’aggredita e che viviamo questo periodo difficilissimo in angosciosa alternanza tra azioni di guerra e speranze di pace, sapendo che, se realizzato, l’ipotizzato conflitto nucleare provocherebbe 85 milioni di morti nei primi 45 minuti.
Ricordo che verso la fine degli anni Ottanta del secolo scorso si concretizzò il dissesto politico e economico dell’URSS, impossibilitata a continuare la sua politica assistenziale nei confronti dei paesi satelliti: la caduta del muro di Berlino e la successiva riunificazione della Germania furono le più raccontate conseguenze di quel fallimento.
Gorbaciov, non fu solo l’ultimo segretario politico di quella decaduta potenza, ma anche il primo presidente della nuova Federazione Russa: fu sostituito da Eltsin, e poi a fine ’99 arrivò Putin (formazione kgb), e così le speranze fiorite ai tempi della perestroika furono velocemente spente, avendo quest’ultimo la ferma intenzione di ricostituire l’impero perduto.
E dopo anni di tensioni internazionali, ora la Russia ha evidentemente deciso che la politica democratica della confinante Ucraina inquina profondamente il suo totalitarismo imperiale, e questa anomalia alla sue frontiere va affrontata.
Non abbiamo quindi una guerra lampo perché il territorio non è l’obiettivo dei russi, ma c’è un forte accanimento sulla popolazione inerme perché si vuole togliere consenso al governo: nel mirino c’è la guida politica del paese e quindi Zelenskyi e i suoi sindaci, e cioè quei politici che, in nome della democrazia, nelle ultime elezioni hanno sfidato l’allineato Poroshenko e lo hanno battuto con il 73% dei voti.
Gli atteggiamenti di Putin non sono quindi imprudenti ma precisi, e noi filistei non abbiamo molte possibilità di contrastare chi lotta disperatamente per evitare il definitivo tramonto della propria politica e che ha logiche talmente ultimative da aver mentalmente eroso anche la fondamentale chiusura al nucleare.
E il suo accanimento viene rafforzato anche dalle forniture di forti quantità di gas a varie nazioni (in primis l’Italia), forniture che lo finanziano e quindi lo rafforzano, per cui molte sanzioni economiche potrebbero essere meno efficaci di quanto atteso: questa impropria promiscuità di attori in campi discordi (politica e economia) sono le infelici conseguenze della celebrata globalizzazione e quindi un riflessivo mea culpa sui comportamenti occidentali non mi sembrerebbe improprio.
Penso che tutte le nazioni, Cina compresa, abbiano l’assoluta necessità di intervenire, perché l’obiettivo antinucleare ci accomuna verso un’unica soluzione, anche se poi i cambiamenti geopolitici conseguenti a questi fatti ci porteranno altre forti tensioni.
Luigi Giovannini