Il nuovo – massiccio – caso di contagio tra operatori dell’industria zootecnica, il grande focolaio di Covid-19 (182 casi di positività su 700 addetti, con 560 test effettuati) scoppiato fra dipendenti e addetti dello stabilimento agroalimentare Aia di Vazzola (TV) non può mancare di farci di nuovo riflettere, come già lo scorso giugno sul rischio enorme rappresentato dagli allevamenti.
In questo caso si tratta di polli, tantissimi – l’impianto trevigiano ha al suo interno un macello e, come comunicato dalla prefettura di Treviso, non può essere chiuso perché ciò comporterebbe l’abbattimento – senza passare dalla catena di ‘smontaggio’ degli animali che li rende ‘adatti’ alla tavola dei consumatori – di circa 1,5 milioni polli.
“Le misure adottate non sono adeguate a prevenire la diffusione del virus e rappresentano ancora una volta una tutela a una filiera produttiva ad alto impatto ambientale e ad alto rischio sanitario per la diffusione di malattie animali. – dichiara LAV Treviso – Facciamo appello alle autorità affinché la struttura venga chiusa e si adottino misure di prevenzione lungo tutta la filiera come misura straordinaria di sanità pubblica con una situazione di contagio che ha pochi precedenti per luogo e numeri.”
Sono questi i numeri su cui dobbiamo soffermarci e rilevare, ancora una volta, – continua LAV – come il sistema di produzione alimentare attuale presenti delle vere e proprie ‘bombe a orologeria’, che possono scoppiare non solo nel propagarsi dei contagi tra dipendenti, ma anche fare il pericolosissimo salto tra animali e uomo.”
I macelli durante questa emergenza si stanno dimostrando delle vere e proprie bombe ad orologeria per la diffusione di malattie come gli allevamenti intensivi. Lo denuncia da anni LAV, che lo scorso giugno ha illustrato le proprie ragioni con questi contributi: https://www.lav.it/news/covid-
#NONCOMEPRIMA bit.ly/ManifestoLAV.