Disse a un collega, in un’intervista di qualche anno fa: “Questa professione da noi è totalmente morta. Io sono da anni che lavoro poco o niente. Ma ho accettato la realtà e non mi lagno. È il prezzo che si paga per la libertà”. Onestà intellettuale, stile “mi spezzo ma non mi piego”, il gigante del giornalismo – quello vero – Gianni Minà ha pagato per lungo tempo una censura dovuta al suo ideale giornalistico: puro, integerrimo, pulito, spesso controcorrente. Nella Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, Felice Casson ci racconta il “suo” Minà. Un grandissimo amico che ha condiviso con lui non solo le vite e le storie delle grandi personalità culturali, storiche e sportive del nostro tempo ma anche l’isolamento cui la sua integrità l’aveva costretto suo malgrado.
VENEZIA – Scavando tra gli archivi giornalistici del Paese in 58esima posizione nella graduatoria mondiale sulla libertà di stampa – World Press Freedom Index, maggio 2022 – si scopre, come aveva evidenziato anche lui – “mia figlia Francesca, all’esame di Storia della radio e della televisione, non ha trovato il mio nome da nessuna parte” – che Gianni Minà, uno dei più grandi giornalisti della storia italiana, non è citato in alcun manuale di giornalismo.
La voce critica di questo mestiere ormai alla deriva, che censure e boicottaggi reiterati non sono mai riusciti a spegnere, accettava la sua sorte con grande dignità e pacatezza. Ne abbiamo parlato con Felice Casson, ex magistrato, politico e saggista italiano. L’uomo che per primo ha dato voce alle vittime della strage silenziosa al petrolchimico di Porto Marghera.
Chi era Gianni Minà?
“Gianni era un grande amico e un cittadino del mondo, con un cuore aperto a tutti e sempre disponibile ad aiutare chiunque. In tutta la sua vita ha lottato per i suoi valori. Quest’integrità e onestà intellettuale gli sono costate molto, ma lui diceva che è fondamentale combattere fino in fondo per ciò in cui si crede. Ho conosciuto bene anche sua moglie Loredana e le sue figlie, che erano assolutamente d’accordo con i suoi valori e le sue scelte. Questi sono valori che vanno trasmessi, soprattutto in un mondo dove spesso prevalgono compromessi e interessi personali, anche nel giornalismo. Avere la schiena dritta e non accettare compromessi non è facile, ma alla fine porta una grande soddisfazione morale”.
Credo che ogni giornalista degno di questo nome debba affrontare delle difficoltà e fare delle scelte e – come giustamente sottolinea – queste scelte comportano spesso un prezzo da pagare. Tuttavia, alla lunga, come sta accadendo con Gianni Minà, l’onestà e la coerenza di un giornalista “pagano”, peccato siano riconosciute decisamente troppo tardi.
“Lui era rattristato dall’atteggiamento dei suoi colleghi, che lo hanno spesso isolato, ma era un grande lottatore e ha portato avanti le sue scelte di vita e di professione, supportato dalla sua famiglia e dagli amici letterati, sportivi e della cultura. Era sempre interessante discutere con queste persone e parlare della loro esperienza di lotta politica, soprattutto in America Latina, dove la situazione era estremamente complicata e molti avevano pagato il prezzo della dittatura. Gianni aveva una grande facilità di eloquio, anche in spagnolo, e la sua cerchia di conoscenze comprendeva persone come Garcia Marquez, che avevano una storia e un’esperienza di lotta politica significativa.
La vasta rete di contatti e di conoscenze di Gianni Minà era veramente unica e fantastica, grazie alla sua professionalità, intelligenza e integrità. Era una garanzia di onestà intellettuale e molti personaggi gli hanno concesso interviste perché sapevano che non avrebbe mai usato i loro nomi per fare scoop a discapito della loro vita privata. Per me il vero giornalismo non è quello che rovina la vita delle persone, ma quello che cerca di raccontare la realtà in modo oggettivo e veritiero. Ci sono ancora tantissime cose che vorrei dire di Gianni, ma purtroppo non posso scrivere un libro su di lui. Tuttavia, la sua figura rimane un esempio per molti giornalisti e per chiunque voglia lottare per la verità e la giustizia”.
Come ha conosciuto Gianni Minà?
“L’ho conosciuto negli anni ’90 durante alcuni incontri e dibattiti in Sicilia, soprattutto in occasione della cosiddetta Primavera di Palermo, un periodo di grande fermento tra i giovani studenti e la società civile, impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. Abbiamo stretto amicizia e ci siamo incontrati molte volte in Italia e all’estero per discutere di pubblica sicurezza. In particolare, ricordo alcune occasioni in cui ho visitato la sua casa a Roma e partecipato alle sue feste di compleanno, dove ho incontrato personaggi di alto profilo nel mondo della cultura, come Gabriel Garcia Marquez, Manuel Vazquez Montalban e Jorge Amado. Abbiamo anche partecipato insieme a un festival del cinema latino-americano a Cuba, con registi come Gillo Pontecorvo e Luis Puenzo. Inoltre, abbiamo avuto la fortuna di incontrare Maradona a Buenos Aires, quando stava cercando di rimettersi in sesto dopo alcuni problemi personali. Ricordo ancora la sua partita sotto la pioggia, che ha reso l’incontro ancora più memorabile. In ogni caso, è stata un’amicizia molto importante per me, che è durata nel tempo nonostante le distanze geografiche e le varie vicissitudini della vita”.
È mai stato ospite di Blitz*?
“No, perché Blitz è stato condotto negli anni ’80. Io l’ho conosciuto durante gli incontri con Michele Santoro nelle trasmissioni dove si parlava di servizi segreti, Gladio e della lotta alla criminalità organizzata. Gianni si distingueva per le sue posizioni politiche nette a favore della legalità e contro la corruzione, che hanno spesso suscitato polemiche e lo hanno portato a essere messo al bando dalla Rai. Questo gli ha causato una sorta di esilio, facendogli pagare un prezzo professionale molto alto. Tuttavia, la sua coerenza e la sua intransigenza lo hanno reso una figura distante da un certo mondo politico e giornalistico. Era un difensore della legalità a tutti i costi, e questa è una delle sue caratteristiche fondamentali, che lo distinguono ancora oggi dalla massa”.
Avete mai lavorato insieme?
“Abbiamo collaborato in diverse occasioni, spaziando dalla Sicilia a Venezia e Torino. Gianni aveva una cultura profonda e un modo pacato di affrontare qualsiasi argomento, senza mai essere presuntuoso o arrogante. Era sempre disponibile a raccontare e portare avanti le sue idee a tutti i livelli, e questo lo distingueva dalle altre persone. Era conosciuto in molti ambiti, dalla televisione allo sport, grazie alle sue interviste a personaggi di spicco. Era una persona semplice, disponibile e molto apprezzata in diversi contesti”.
In passato mi aveva chiesto di scrivere qualcosa sulle vicende del terrorismo, ma non ho mai potuto approfondire l’argomento. Tuttavia, abbiamo collaborato nella sua collana “Continente Desaparecido“, per cui ho scritto il libro La fabbrica dei veleni sulla strage al petrolchimico di Porto Marghera, edito da Sperling Kupfer. Avevamo in mente di scrivere qualcosa insieme, ma il progetto è poi tramontato”.
* “Blitz”, condotto da Gianni Minà, era una lunga diretta del pomeriggio domenicale in cui il grande giornalista, scomparso il 27 marzo 2023, mescolava sapientemente sport, spettacolo e un’inedita capacità di intervistare empaticamente i grandi personaggi.