I saldi sono partiti e l’effetto sulle vendite non sembra, almeno per ora, dei migliori.
Come ogni anno il commercio, soprattutto quello relativo al settore abbigliamento, già stagnante a causa della crisi economica e a congiunture poco favorevoli quali clima e città poco accessibili, spera di rinvigorirsi con la ventata invogliante della merce a prezzo scontato.
Ma, come questi primi giorni di avvio offerte preannunciano, fatte salve poche eccezioni per outlet vicini alle località balneari, la sensazione che non tutto vada per il meglio serpeggia corposa.
Certo, la concorrenza dell’e-commerce con le sue vendite on-line – ultraconvenienza, comodità, consegna, restituzione e di tutto di più in un solo clic senza spostarsi da casa – nonché offerte stratosferiche partite già prima dell’avvio dei saldi tradizionali con sms vari da altrettanto varie catene, mettono a dura prova sia il piccolo negozio, che quello dei grandi centri commerciali.
Ma la difficoltà nel consumo, a ben guardare, sembra avere anche altre caratteristiche.
In America viene chiamato “Retail Apocalypse” ed è il fenomeno, che vede la veloce e inesorabile distruzione oltreoceano del commercio al dettaglio, negozi, grandi marchi, catene storiche o centri commerciali che siano. Le cause, a detta degli esperti, sono riconducibili in parte all’e-commerce, in parte al cambiamento qualitativo nelle scelte dei consumatori, ma anche ad una sorta di “bolla debitoria” che ha visto impegnate storiche catene e grandi marchi, nel contrastare la recessione precedente con manovre finanziare e speculative.
In Italia la situazione relativa ai grossi centri commerciali non sembra così disastrosa ma, si sa, l’America fa da pioniera nei grandi stravolgimenti nostrani, soprattutto economici e sociali.
Analizzando il nostro territorio, nel triangolo Venezia-Treviso-Padova, vi è una tra le più alte concentrazioni di centri commerciali su scala nazionale e la tendenza, purtroppo, non accenna a diminuire. Anzi. La polemica di questi giorni sulla mega torre di Marghera, e non solo, ne è un esempio lampante.
I portici, invenzione invidiata e straordinaria per vivere le nostre città con qualsiasi tempo atmosferico – riparo d’inverno e frescura d’estate – hanno lasciato il posto a lunghe sequenze di luci finte che illuminano a giorno la stessa merce, fotocopie indistinte di taglie e colori. Moltiplicato per cinque, dieci, cento, mille corridoi, a distanza di una manciata di chilometri l’uno dall’altro.
Dopo lo spargimento di sangue dei piccoli negozi dei centri storici, la sfida all’O.k. Corral tra colossi continua. Colossi dai…carrelli d’argilla?
Contratti di solidarietà, casse inattive, corridoi semivuoti in ore di punta, centri commerciali che si contendono la clientela a suon di cantanti, blogger, influencer, amici degli amici degli amici di Barbare e Marie nazionali, aperture nei giorni di festa, parafesta, post-festa, diurne, serali, fra poco anche notturne e chi più ne ha più ne metta, danno il segnale che forse non è tutto oro quello che luccica. La concorrenza si sta facendo davvero spietata nel cercare di accaparrarsi il consumatore – sempre quello – non solo dai negozi di vicinato ormai quasi abbandonati, ma direttamente dal parcheggio del centro commerciale più vicino.
E allora benvenuti saldi, salvifici saldi, con i cartellini sberluccicanti degli sconti che ammiccano dalle vetrine! Ogni tanto luccica un impercettibile flash. Una ragazzina vicino a me – adulta già pentita come solidale accompagnatrice di una amica scatenata in cerca dell’affare di stagione – scatta una foto alle scarpe di marca e va veloce alla vetrina successiva per carpirne altre. Ha fretta. Il portale on-line la sta aspettando a clic aperti…
Cristina De Rossi