La curatrice Edith Kofsky racconta l’installazione immersiva “cloud-to-ground” al Padiglione di Israele alla Biennale di Venezia. L’opera esplora l’hardware della quarta rivoluzione industriale, incorporando il padiglione stesso come uno degli elementi in mostra e riflette sulle dinamiche della tecnologia globale e le mutevoli strutture di potere che essa implementa.
VENEZIA – Il Padiglione di Israele alla 18ª Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia è stato trasformato in un’installazione immersiva chiamata “cloud-to-ground”.
L’opera è stata curata dagli architetti Oren Eldar, Edith Kofsky e Hadas Maor ed esplora l’hardware della quarta rivoluzione industriale, incorporando il padiglione stesso come uno degli elementi in mostra. Il progetto illustra la natura fisica delle moderne reti di comunicazione e del Cloud, la nuvola tecnologica, e riflette sulle dinamiche della tecnologia globale e le mutevoli strutture di potere che essa implementa. La mostra esamina la transizione da analogico a digitale della comunicazione, l’accessibilità degli edifici nei centri città alle strutture isolate nei luoghi periferici, da una connettività diretta ad una decentralizzata e altri aspetti della moderna tecnologia.
In questo video trovate l’intervista alla curatrice Edith Kofsky.
La mostra è presentata per conto del Ministero della Cultura e dello Sport e del Ministero degli Affari Esteri israeliani. Israele rappresenta un caso unico in quanto la sua posizione strategica lo ha reso un’importante via di transito tra i continenti, trasformandolo storicamente in un campo di battaglia. Oggi la sua relativa stabilità è minata da un nuovo cavo ottico posato da Google e destinato a bypassare l’Egitto nel tragitto dall’India all’Europa, riportando in vita le antiche vie mercantili che attraversavano questa terra. Nel frattempo, sia Google che Amazon stanno costruendo data center per il nuovo progetto governativo Cloud Nimbus, che trasformerà Israele in una Cloud Region, in concorrenza con iniziative simili in Egitto e Arabia Saudita.
La mostra “cloud-to-ground” riflette su queste dinamiche incorporando, allo stesso tempo, le storie del Medio Oriente, i recenti sviluppi della tecnologia globale e le mutevoli strutture di potere che essi implementano.
La mostra sarà accompagnata da un volume a stampa pubblicato da Park Books, curato dalla designer Dana Gez e che raccoglie articoli di studiosi israeliani noti ed emergenti, come l’architetto PhD Erez Golani-Solomon, l’architetto PhD Eliyahu Keller, la professoressa e architetta Els Verbakel e il ricercatore Lior Zalmanson, oltre a fotografie, disegni e schizzi della mostra.
‘Cloud-to-ground’
L’installazione immersiva “cloud-to-ground” al Padiglione di Israele alla Biennale di Venezia propone una discussione sfaccettata sull’hardware della quarta rivoluzione industriale, incorporando il padiglione stesso come opera.
A differenza della facciata in vetro che accoglie normalmente i visitatori, il padiglione è sigillato e buio. La sua chiusura allude alla natura fisica delle moderne reti di comunicazione e alla materialità del cloud, la “nuvola” tecnologica. L’opera riflette sulle dinamiche della tecnologia globale e le mutevoli strutture di potere, utilizzando spazio, suono e luce per rappresentare simbolicamente la centralità delle infrastrutture informatiche e il loro ruolo nella geopolitica e nell’architettura contemporanea.
L’installazione presenta una discussione sulle dinamiche e la geopolitica della tecnologia globale, incorporando il padiglione stesso come opera. Un rilievo all’ingresso rappresenta uno dei sei data center costruiti quest’anno in Israele per servire Google e Amazon, nel nuovo progetto cloud nazionale del governo israeliano, Nimbus.
L’opera utilizza spazio, suono e luce per rappresentare simbolicamente la centralità delle infrastrutture informatiche e il loro ruolo nella geopolitica e nell’architettura contemporanea. L’installazione include anche cinque sculture sonore che rappresentano le centrali telefoniche obsolete che sono state vendute dalla compagnia telefonica nazionale privatizzata e che ora sono destinate alla demolizione o adattate ad altri usi.
Ognuna delle sculture emette un suono unico, basato su campioni originali registrati nei rispettivi edifici. L’opera traccia l’assenza e la tensione tra il Padiglione sigillato e le sculture cave richiama la fondamentale differenza tra i ben protetti data center contemporanei e le centrali telefoniche destinate a scomparire.